Dopo la memoria della conversione di san Paolo fa seguito nel calendario quella di Timoteo e Tito, vescovi della Chiesa primitiva e suoi collaboratori nella missione alle genti.
Timoteo, educato fin da fanciullo al culto delle Scritture dalla mamma Eunìce e dalla nonna Lòide, fu portato alla fede nel Signore Gesù da Paolo durante il suo primo viaggio missionario, e di Paolo divenne il discepolo prediletto. Suo infaticabile compagno nell’evangelizzazione dell’Asia Minore, condivise la prigionia dell’Apostolo, che lo ricorda più volte facendone l’elogio. Nella Lettera ai Filippesi scrive di lui: “Non ho nessuno d’animo uguale al suo e che sappia occuparsi così di cuore delle cose vostre… Voi conoscete la buona prova da lui data, poiché ha servito il Vangelo con me, come un figlio serve il padre” (Fil 2, 20.22). E nelle lettere a lui stesso indirizzate lo esorta ad essere, come figlio amatissimo, modello per i credenti con la sua stessa vita, con l’insegnamento, la fede e la carità. Secondo la tradizione morì ad Efeso, la Chiesa che Paolo gli aveva affidato.
Tito, originario di Antiochia, abbracciò il cristianesimo nel primo viaggio apostolico di Paolo e Barnaba. Provenendo dal paganesimo, la sua fede si innestò direttamente sulla cultura ellenistica, senza passare per il giudaismo; per questo Paolo e Barnaba lo presero con sé e lo condussero alla comunità di Gerusalemme (Atti 15) per mostrare quali frutti produceva il Vangelo tra i non circoncisi. Come Timoteo anche Tito fu al seguito di Paolo come fedele collaboratore; con lui soggiornò a Corinto, guadagnandosi la stima di quella comunità, presso la quale svolse con successo un’opera di mediazione, ristabilendo l’armonia di rapporti con Paolo che alcuni malintesi avevano incrinato. In questa occasione Paolo scrisse ai Corinti la seconda lettera, e incaricò Tito di organizzare la colletta per i poveri di Gerusalemme. Ponendolo a capo della comunità di Creta, Paolo lo chiama “mio vero figlio nella fede comune” (Tt 1, 4). Salvo i periodi delle missioni in Epiro e in Dalmazia, Tito rimase nella sua Chiesa di Creta, dove morì in età avanzata.
Nel calendario monastico occidentale oggi si fa memoria anche dei santi monaci cistercensi Roberto, Alberico e Stefano, primi abati di Cîteaux (sec. XI-XII). La ricerca all’interno della scelta monastica di una più grande semplicità e povertà evangeliche fu avviata da Roberto e poi portata avanti dai successori Alberico e Stefano di Harding. Aveva con loro inizio quella riforma cistercense cui Bernardo di Clairvaux, entrando nell’ordine, darà il volto e il contenuto spirituale che sono tuttora vivi nella Chiesa.