Terzo generale dei Domenicani dopo Domenico di Guzman e Giordano di Sassonia, Raimondo è considerato non solo una gloria dell’Ordine ma anche della cultura giuridica che lo annovera tra i suoi dottori all’Università di Bologna, come maestro di diritto civile e canonico.
Nacque a Villafranca di Panadés, nei pressi di Barcellona tra il 1175 e il 1185, in una famiglia di cavalieri del regno d’Aragona.
Ebbe la prima formazione scolastica nella scuola cattedrale di Barcellona, dove insegnò poi per qualche tempo come professore di retorica e di logica. Nel 1210 si trasferì a Bologna dove si specializzò alla scuola di grandi maestri del diritto diventando lui stesso maestro e segnalandosi poi, oltre che per la sua dottrina, per il fatto che dispensava gratuitamente il suo insegnamento. Rientrato nel 1220 a Barcellona, entrò il venerdì santo del 1222 nell’Ordine dei Frati Predicatori, dove continuò i suoi studi di diritto, redigendo compilazioni di grande semplicità e chiarezza, con esplicita destinazione pastorale, a servizio di confessori, consiglieri e giudici ecclesiastici; per lui il sapere era un’arma a servizio della fede. Chiamato a Roma nel 1230 come penitenziere papale, curò una delle prime redazioni del diritto ecclesiastico (le Decretali di Gregorio IX) e fu consigliere del papa, aiutandolo a organizzare la lotta contro l’eresia.
Rientrato nel suo paese, nel 1238 fu eletto, nonostante le sue resistenze, Maestro Generale dell’Ordine e si dedicò a semplificarne la legislazione con la redazione di nuove Costituzioni. Della missione dei Predicatori continuò ad occuparsi con grande zelo, anche dopo le dimissioni, per tutto il resto della sua vita. Prese a cuore in particolare l’apostolato verso gli Ebrei, fondando una scuola di ebraico a Murcia e la missione degli Ordini Mendicanti nell’Africa del Nord in vista della quale creò nel 1250 una scuola, a Tunisi, dove i religiosi potevano apprendere le lingue orientali. Alle sue insistenze si deve anche se Tommaso d’Aquino compose la sua famosa ‘Summa contra gentiles’.
L’ampio prestigio di cui godeva gli consentì di influire positivamente nella soluzione di difficoltà e conflitti sia a livello ecclesiastico che civile. Morì a Barcellona il 5 gennaio 1275. Ai suoi funerali, che si svolsero con grande pompa, intervennero i re d’Aragona e di Castiglia. Canonizzato nel 1601 da Clemente VIII, in Spagna è venerato come patrono degli avvocati e delle Facoltà giuridiche di tutte le Università statali.
Lo stesso giorno si ricorda anche san Luciano, vescovo e martire (IV secolo).
Luciano nacque probabilmente ad Antiochia. Studiò le sacre Scritture e approfondì l’esercizio delle virtù sotto la guida di Macario, nella città di Edessa. Le informazioni della sua vita sono piuttosto vaghe. Sappiamo che fu prete della comunità di Antiochia, ma non conosciamo la data della sua ordinazione.
Egli dedicò gran parte del suo insegnamento alla spiegazione dei Libri sacri. Profondo conoscitore dell’ebraico, fece una recensione del testo greco della LXX, che egli rivide sulla base dell’originale ebraico; lunghi brani di questa recensione sono conservati negli scritti di Giovanni Crisostomo. Luciano estese il suo lavoro di critica testuale anche al Nuovo Testamento e il testo che ne nacque prese il nome di Recensione Lucianica, apprezzata in numerose Chiese d’Oriente. Sul modello del suo maestro Macario, fondò anche una scuola di esegesi ad Antiochia, dove si produssero numerosi commenti ai libri biblici, che esercitarono un influsso profondo sulla formazione degli scritti ecclesiastici posteriori.
Luciano fu martirizzato nella persecuzione di Massimino Daia a Nicomedia, il 7 gennaio 312, per aver professato coraggiosamente la sua fede. Le sue reliquie non rimasero per lungo tempo nella città imperiale perché Costantino, nel 330, trovò che a Elenopoli già si venerava il corpo del martire. Si sa che nel 337, presso la tomba di Luciano, Costantino, giunto al termine della sua vita, fu battezzato dal vescovo Eusebio di Nicomedia.