Esd 7, 27-28; 8, 15-23; Sal 83 (84); Lc 13, 10-17
Là, presso il fiume Aavà, ho indetto un digiuno, per umiliarci davanti al nostro Dio e implorare da lui un felice viaggio per noi, i nostri bambini e tutti i nostri averi. Avevo infatti vergogna di domandare al re soldati e cavalieri per difenderci lungo il cammino da un eventuale nemico, poiché avevamo detto al re: «La mano del nostro Dio è su quanti lo cercano, per il loro bene; ma la sua potenza e la sua ira su quanti lo abbandonano». Così abbiamo digiunato e implorato Dio per questo ed egli ci ha esaudito. (Esd 8,21-23)
Non vi fu alcun aiuto esterno per favorire il ritorno a Gerusalemme, ma solo il Signore guidò il rientro degli esuli. Ciò non avvenne per caso, ma perché Esdra rifiutò il supporto di soldati e cavalieri, in ragione della sua fede nel Signore.
Non si è trattato di un’illusione, né di una sospensione dell’impegno; infatti, il popolo digiuna e affronta un lungo cammino. Mettendosi in gioco in prima persona, sa anche considerare come prioritario l’appoggio del Signore rispetto a quello di altri.
Ciascuno può costruire la propria esistenza per arrivare a una maturità tale da impegnarsi a fondo nelle responsabilità della vita e al tempo stesso fondare quell’impegno nella consapevolezza che il Signore non abbandona.
Preghiamo
Beato l’uomo che trova in te il suo rifugio
e ha le tue vie nel suo cuore.
Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia
l’ammanta di benedizioni.
dal Salmo 83 (84)