Ger 17,19-26; Sal 14 (15); Zc 10,10 – 11,3; Mt 21,23-27
Entrò nel tempio e, mentre insegnava, gli si avvicinarono i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo e dissero: “Con quale autorità fai queste cose? E chi ti ha dato questa autorità?”. Gesù rispose loro: “Anch’io vi farò una sola domanda”. (Mt 21,23-24)
Fare domande a Gesù può essere lecito e corretto: importante è sapere ascoltare la risposta, farsi trasformare e interrogare da quanto si ascolta. Sacerdoti e anziani del popolo chiedono, partendo dal presupposto che Gesù sia detentore di un potere. L’autorità era attribuita a Dio come creatore: sacerdoti e anziani sapevano bene che il popolo guardava a Gesù con favore e che le opere di salvezza da lui compiute non potevano che venire da Dio. La reazione di Gesù è scaltra perché parte dalla consapevolezza che si tratta di una domanda disonesta. Difficile parlare con chi manca di sincerità; una risposta poteva essere data solo a chi aveva voglia di ascoltare e di compromettersi […] «Non lo sappiamo»: non c’è umiltà né buona fede. Per questo la risposta di Gesù rimane inevasa: «Neanch’io vi dico con quale autorità faccio queste cose» (v. 27). Cosa domandiamo a Dio? Cosa ci piacerebbe sapere di Lui, in verità? Qual è il potere che riconosciamo in Lui?
Preghiamo
Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sulla tua santa montagna?
Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua,
non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Dal Salmo 14 (15)