Ger 3,6a.19-25; Sal 85 (86); Zc 2,10-17; Mt 12,33-37
«Prendete un albero buono, anche il suo frutto sarà buono. Prendete un albero cattivo, anche il suo frutto sarà cattivo: dal frutto infatti si conosce l’albero. Razza di vipere, come potete dire cose buone, voi che siete cattivi?» (Mt 12,33-34)
Ciò che conta è il frutto che deve essere buono! L’immagine che Gesù utilizza, concludendo il lungo rimprovero ai farisei, chiamati «razza di vipere», non è tanto per rimarcare una predeterminazione sul futuro, quanto piuttosto per sottolineare la considerazione che i frutti sono importanti per la vita dell’uomo. Anche per il credente di oggi vale la stessa prospettiva: si comprende la verità dell’umano solo guardando alle opere compiute e alle parole pronunciate. In tutto il brano le parole «buono» e «cattivo» sono ripetute più volte, quasi per fissare bene il concetto in chi ascolta. Solo chi è buono può compiere il bene! Ai cattivi non rimangono molte possibilità. A partire da queste parole così forti di Gesù, interroghiamoci, allora, sul nostro essere buoni, sulla nostra capacità di parlare con bontà, sui nostri frutti buoni. È Lui, che sta per venire, colui che ci porta la salvezza! A noi il compito di scegliere gesti di bontà.
Preghiamo
Ma tu, Signore, Dio misericordioso e pietoso,
lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà,
volgiti a me e abbi pietà:
dona al tuo servo la tua forza,
salva il figlio della tua serva.
Dammi un segno di bontà.
Dal Salmo 85 (86)