Gc 5,7-11; Sal 129 (130); Lc 20,9-19
Disse allora il padrone della vigna: «Che cosa devo fare? Manderò mio figlio, l’amato, forse avranno rispetto per lui!». (Lc 20,13)
Mio Dio come sei buono! Ti sei incarnato! Tu, Dio, hai preso un corpo e un’anima umani e sei venuto ad abitare visibilmente in mezzo a noi, «conversando in mezzo agli uomini», vivendo con loro come uno di loro. E questo perché? Per bontà, per gli uomini, per salvarli e santificarli. Amore, agisci sia per amore sia con amore, amore infinito e divino. Non è sorprendente che gli effetti prodotti dalla tua natura che è l’infinito amore, siano pieni di un amore incomprensibile, infinitamente al di sopra dei nostri poveri cuori e dei nostri poveri spiriti? […] Tu sei amore, o mio Dio, ecco perché ci dai questa testimonianza d’amore, della quale nessuna anima può comprendere il mistero, come la tua incarnazione e la tua passione!
(C. de Foucauld, La bonté de Dieu. Méditations sur les Saints Évangiles, Nouvelle Cité, Montrouge 1996)
DA FRATELLI TUTTI
Nelle tradizioni ebraiche, l’imperativo di amare l’altro e prendersene cura sembrava limitarsi alle relazioni tra i membri di una medesima nazione. L’antico precetto «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18) si intendeva ordinariamente riferito ai connazionali. Tuttavia, il desiderio di imitare gli atteggiamenti divini condusse a superare quella tendenza a limitarsi ai più vicini: «La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18,13). (FT 59)