V giorno dell’ottava di Natale
«Morto Erode, ecco, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e va’ nella terra d’Israele; sono morti infatti quelli che cercavano di uccidere il bambino”. Egli si alzò, prese il bambino e sua madre ed entrò nella terra d’Israele… andò adabitare in una città chiamata Nazareth, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo dei profeti: “Sarà chiamato Nazareno”». (Mt 2,19-21.23)
L’intervento divino ordina a Giuseppe di stabilirsi a Nazareth: si adempie così la profezia. Giuseppe è ancora una volta un fulgido esempio e modello di vita di fede, è colui che sta costantemente in ascolto del Padre per lasciarsi guidare nei momenti difficili, senza la presunzione di conoscere da solo il cammino da percorrere per mettere in salvo la sua famiglia. Il soggiorno di Gesù a Nazareth non è quindi casuale, ma rientra nel piano divino e il nome stesso del piccolo centro abitato ci ricorda che Cristo è dono di Dio. Il Santo papa Paolo VI, visitando Nazareth, il 5 gennaio 1967, così esortava le famiglie: «Nazareth è la scuola in cui si è iniziato a comprendere la vita di Gesù, scuola del Vangelo. Vi si impara ad osservare, ad ascoltare, a meditare, a penetrare il significato così profondo e così misterioso di questa tanto umile, semplice manifestazione del Figlio di Dio. Forse si impara quasi insensibilmente ad imitare la lezione del silenzio. O silenzio di Nazareth, insegnaci il raccoglimento, l’interiorità. Insegnaci la necessità del lavoro, dello studio, della meditazione, della vita interiore personale, della preghiera, che Dio solo vede nel segreto».
Preghiamo
O Signore ti chiedo l’umiltà di Giuseppe che ha saputo riconoscere la voce dell’angelo. Ti chiedo il dono della fede che docilmente ascolta la tua parola di novità. Ti ringrazio perché tu sei il Signore che compie le attese dell’uomo.
[da: Stranieri e pellegrini – Il cammino, l’attesa, l’ospitalità – Avvento e Natale 2018, Centro Ambrosiano]