At 3,17-24; Sal 98 (99); 1Cor 5,7-8; Lc 24,1-12
Ora, fratelli, io so che voi avete agito per ignoranza, come pure i vostri capi. Ma Dio ha così compiuto ciò che aveva preannunciato per bocca di tutti i profeti, che cioè il suo Cristo doveva soffrire. (At 3,17-18)
Il verbo deî («doveva») crea una connessione fra la comprensione delle Scritture e la passione. L’accento, cioè, non cade tanto sulla prevedibilità degli avvenimenti, quanto più sulla luce che la Scrittura viene a proiettare su eventi dolorosi rimasti finora oscuri, ma che a loro volta fanno cogliere il senso delle Scritture rimaste anch’esse enigmatiche. La croce non è «predetta» ma è «conforme» alle Scritture. V’è una circolarità: le Scritture rinviano a Cristo e Cristo rinvia alle Scritture. Nel prisma della Pasqua i discepoli comprendono Gesù alla luce delle Scritture, ma anche le Scritture alla luce di Gesù. Si chiarisce così il significato del verbo «doveva»: esso si rivela essere l’espressione della volontà divina attuata nel mistero pasquale. Il bagliore che promana dalla risurrezione del Figlio di Dio illumina l’oscurità della croce e mostra come il Cristo stesso abbia obbedito sino in fondo alla volontà del Padre. La croce non contraddice la potenza di Gesù, semplicemente svela l’altra faccia del mistero: la potenza indica la messianicità, ma la croce esplicita come tale messianicità si rivela.
Preghiamo
Signore Gesù,
non un gelido sepolcro ma la memoria della tua Parola
ci dona di incontrare ancora te,
il Cristo Risorto che ha vinto la morte
e non smette di rivelarsi al nostro cuore.
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]