1Gv 1,5-2,2; Sal 148; 1Cor 2,1-10a; Mt 25,1-13
Se diciamo di essere senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto tanto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità. Se diciamo di non avere peccato, facciamo di lui un bugiardo e la sua parola non è in noi. (1Gv 1,8-10)
Caratteristica della vita cristiana è la percezione di essere peccatori. Il segno più autentico della fede è avvertire la propria distanza da Dio. Tuttavia tale distanza non schiaccia, ma al contrario pone nel cuore il desiderio di Dio, la necessità della comunione con lui, la ricerca del suo amore. Chi invece si percepisce perfetto, non bisognoso di salvezza, immune dal peccato, mai avvertirà il desiderio di essere salvato e dunque redento e amato. L’esperienza della fede è rappresentata dalla sete di Dio, ovverosia dal desiderio della salvezza. Scrive Gregorio di Narek: «Porgimi orecchio, o Forte e Misericordioso, a me che imploro in spirito, prima che al cielo e prima che il cielo alla terra e prima che questa al grano e al vino e all’olio e prima che questi a Israele. E la supplica, che dai celesti a Te risale, agisca sull’anima mia più che sugli elementi corruttibili. Tu, il Creatore, ed io l’argilla. Aprimi, assillato come sono dai dubbi all’ingresso dei voti di questo singhiozzo, la tua volontà di dolcezza, che mi rincuori fin dall’istante presente».
Preghiamo
Signore, ti abbiamo incontrato anzitutto
per la testimonianza di qualcuno.
Poi la magia dell’incontro con te.
Fa’ che dimoriamo sempre nella tua casa,
per imparare che cosa tu ci vuoi insegnare.
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]