At 1,12-14; Sal 18 (19); Ef 2,19-22; Gv 14,19-26
«Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
Gli disse Giuda, non l’Iscariota: «Signore, come è accaduto che devi manifestarti a noi, e non al mondo?». Gli rispose Gesù: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; e la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato». (Gv 14,19-24)
L’evangelista Giovanni ci ricorda che le risposte all’amore di Dio si danno nei fatti e non solo a parole. Anche il mandato missionario deve essere letto in questa logica. Ogni passo che facciamo verso gli altri in obbedienza a Cristo è risposta concreta al suo amore per noi e ne diventa manifestazione. Nel modo con cui ci apriamo agli altri e li facciamo partecipi di questa dinamica di amore (come lui ci ha amato) è Cristo stesso che si manifesta, diventa visibile. Ecco che il mandato “a tutte le genti” non è opzionale, ma è il nostro modo vero di essere Chiesa.
Preghiamo
O Signore, alla domanda “perché la missione?”
aiutaci a rispondere nella vita che
«aprirsi all’amore di Cristo
è la vera liberazione» (RMi 11).