Gb 19,1-27b; Sal 118 (119),161-168; Tb 5,4-6a;6,1-5.10-13b; Mt 26,1-5
Io lo vedrò, io stesso, i miei occhi lo contempleranno e non un altro. (Gb 19,27b)
Di fronte alla sofferenza è inevitabile chiedersi: perché? La domanda di senso non ci dà nessun problema… è la risposta che ci lascia inquieti. La sofferenza possiamo provarla, ma non comprenderla. Inoltre, ci sfugge, non è controllabile. Allora ci chiediamo come Giobbe: Dio perché? Qui si insinua la possibilità che forse Dio non è così buono come ci è parso di incontrarlo… ma proprio Giobbe ci smentisce. Nonostante le atroci sofferenze alla fine il giusto può confidare nel fatto che sarà Dio stesso a farsi vicino. È proprio il volto di Dio che Giobbe vuole vedere. Qui risuonano le parole che Giovanni associa alla sofferenza di Gesù: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Solo in Cristo la sofferenza trova una risposta convincente perché è in Lui che Dio si è fatto vicino ad ogni uomo.
Preghiamo
Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla.
Su pascoli erbosi mi fa riposare,
ad acque tranquille mi conduce.
Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino,
a motivo del suo nome.
Anche se vado per una valle oscura,
non temo alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincàstro
mi danno sicurezza.
(Sal 22)
[“Appartenenti a questa via” – La sequela e il cammino verso la santità. Quaresima e Pasqua 2019 – Centro Ambrosiano]