SABATO 30 APRILE
At 27,1-11.14-15.21-26.35-39.41-44; Sal 46 (47); 1Cor 13,1-13; Gv 13,12a.16-20
«In verità, in verità io vi dico: un servo non è più grande del suo padrone, né un inviato è più grande di chi lo ha mandato. Sapendo queste cose, siete beati se le mettete in pratica». (Gv 13,16-17)
Gesù ha appena compiuto il gesto della lavanda dei piedi e ne parla con i discepoli. Il suo gesto non è fine a se stesso ma diventa una catechesi efficace ed assume la forza di un gesto profetico. Spesso, infatti, i profeti non insegnavano con le parole ma con gesti simbolici in grado di diventare paradigmatici.
Quello che Gesù ha compiuto non finisce nelle mura del cenacolo e nel contesto di quella sera ma diventa l’inizio di uno stile con il quale i discepoli sono chiamati a percorrere le strade del mondo. La gioia del cristiano, la sua beatitudine, è tale nella misura in cui mette in pratica l’esempio che ha ricevuto da Gesù. Così come le nostre parole sono un trasmettere ciò che abbiamo ricevuto da lui, anche le nostre azioni sono un ripetere, in sua memoria, quanto lui ha fatto. In questo modo soltanto, l’eucaristia che celebriamo diventa vera e si incarna nella storia, altrimenti rimane rito sterile e inutile: perché sia efficace deve convertire il nostro cuore per renderlo simile a quello di Gesù.
Preghiamo
Donaci la grazia, o Signore,
di saperti imitare nell’amore fraterno,
fa’ che quanto tu hai dato a noi
diventi lo stile del nostro stare in mezzo agli altri.
[da: La Parola ogni giorno. La sapienza è uno spirito che ama l’uomo, Pasqua 2016, Centro Ambrosiano, Milano]