At 11,1-8; Sal 66(67); Gv 7,25-31
«… ma nessuno riuscì a mettere le mani su di lui, perché non era ancora giunta la sua ora». (Gv 7,31)
Esiste una consapevolezza, diversa da quella comune, che permette di guardare più in alto e più in là. Questa consapevolezza ha un punto d’appoggio diverso al proprio Io. È una coscienza che viene ricevuta, di cui non siamo noi gli artefici. È il caso di Pietro. Lui ha visto lo Spirito scendere su dei pagani per comunicare loro la vita nuova in Cristo. Così, il primo papa, se ne esce con quell’espressione: «Chi ero io per porre im pedimento a Dio?». Anche Gesù ha una consapevolezza diversa. Il capitolo 7 di Giovanni è costruito in maniera magistrale nel mostrare la confusione intorno all’identità di Gesù. È difficile afferrarlo (v. 30). Egli è sempre Altro (è il significato dell’aggettivo “santo”), ed è sempre oltre il nostro punto di vista. I nostri schemi sono inadeguati, lui li scompagina tutti. Non possiamo conquistarlo, possiamo però esserne conquistati (Fil 3,12) e così ci farà entrare nel “segreto” del suo essere figlio, della sua identità, e in questo cammino che dura tutta la vita, e forse più, cominceremo ad assomigliargli.
Preghiamo
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
(dal salmo 66)
[La Parola ogni giorno – "La creazione geme e soffre le doglie del parto". Gesù Cristo, sposo dell’umanità – Tempo di Pasqua 2012 – Centro Ambrosiano]