At 20,18b-31; Sal 95; 1Cor 4,9-15; Gv 20,24-29
“Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani….non essere incredulo ma credente!”. (GV 20,27)
Sono ormai venti secoli, che Tommaso, pur celebrato sugli altari, viene additato come esempio quasi negativo di colui che dubita. Eppure Tommaso non ha tradito, non ha messo in questione l’identità di Gesù tanto che è sua la più grande professione di fede: ”Mio Signore e mio Dio!”.
In un quadro del Caravaggio si vede Gesù che afferra la mano del discepolo Tommaso per fargli toccare la ferita del suo costato: lo introduce nel mistero, non gli si nega, lo guida, lo accetta. Tommaso tocca l’infinito e lo chiama col suo nome. E’ interamente autentico davanti al suo Signore, che gli si mostra completamente, senza filtri, senza mediazioni.
Così Paolo critica e colpisce l’orgoglio dei cristiani di Corinto che assumono un atteggiamento di ripulsa nei suoi confronti, però non li rifiuto e di fronte alla loro reazione si ripropone come padre nella fede e amorevole compagno di vita.
Preghiamo col Salmo
Cantate al Signore un canto nuovo,
cantate al Signore, uomini di tutta la terra.
Cantate al Signore, benedite il suo nome,
annunciate di giorno in giorno la sua salvezza.
(dal Salmo 95)