Ct 5,6b-8; Sal 17; Fil 3,17-4,1; Gv 15,9-11
Gesù disse ai suoi discepoli: «Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». (Gv 15,10-11)
Gesù non ha timore di usare il termine “amore” per descrivere ciò che lo lega al Padre e anche per rendere evidente ciò che lo lega a noi. È quell’amore che cerca la gioia per l’amato, che mira a creare le condizioni perché la condivisione sia sempre motivo di festa. È in questo senso che dobbiamo intendere l’invito a osservare i suoi “comandamenti”: non un vincolo che condiziona l’amore, ma la via che consente all’amore di esprimersi in pienezza e costruire la gioia condivisa. Forse possiamo, anche giustamente, domandarci come sia possibile oggi anche solo immaginare una “gioia piena”, noi che spesso fatichiamo a ritrovare lampi momentanei di serenità o di letizia. Eppure riascoltiamo questa promessa tra le parole di Gesù: possiamo provare a fidarci ancora, un’altra volta? È il momento per riaprire questa fiducia e dare credito al dono che la Pentecoste vuole rinnovare per noi, costantemente, a ogni ritorno del tempo pasquale, anzi ogni giorno.
Preghiamo
Ho sperato, ho sperato nel Signore,
ed egli su di me si è chinato,
ha dato ascolto al mio grido.
(Sal 40,2)