At 5,27-33; Sal 33; Gv 5,19-30
Il comandante con gli inservienti condussero gli apostoli e li presentarono nel sinedrio; il sommo sacerdote li interrogò dicendo: «Non vi avevamo espressamente proibito di insegnare in questo nome?». (At 5,27-28a)
Per quanto possa essere alta, o almeno visibile, l’ostilità nei confronti del nome di Gesù, noi ritroviamo la tenace e serena compostezza degli apostoli, per nulla intimoriti dalle difficoltà che incontrano presso le figure di maggior prestigio della loro comunità. Sembrano nient’affatto preoccupati, né si sentono limitati nella loro possibilità di testimoniare la Buona Notizia, perché si fidano di Colui che hanno conosciuto e la cui parola sostiene le loro scelte e dà forma al loro cammino. Che bella una Chiesa che cammina così, con questa fiducia, riposta nella promessa del Signore, e non nel calcolo misurato sulle proprie forze! Sono passati quasi venti secoli, ma abbiamo ancora da imparare dalla freschezza genuina di questa comunità, povera di mezzi, ancora spoglia di teologie, senza confini ben definiti né segni di appartenenza diversi dalla fede in Gesù e dall’accoglienza del dono dello Spirito. Abbiamo ancora passi da fare, e questo è certamente tempo opportuno, occasione nuova, rinnovata dalla Pasqua!
Preghiamo
Se salgo in cielo, là tu sei; se scendo negli inferi, eccoti.
Se prendo le ali dell’aurora per abitare all’estremità del mare,
anche là mi guida la tua mano e mi afferra la tua destra.
(Sal 139,8-10)