Gb 42,1-10a; Sal 118 (119),169-176; Tb 13,1-18; Mt 26,14-16
Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto. Perciò mi ricredo e mi pento sopra polvere e cenere. (Gb 42,5-6)
Possiamo guardare oggi alla figura di Giobbe. Egli è stato uomo fino in fondo, ha saputo soffrire, ha saputo essere giusto, ha saputo rimanere nel dialogo con Dio anche quando non riusciva a capire. Dio mostra a Giobbe la piccolezza umana, tutto il suo dipendere da Dio. Di fronte alle risposte di Dio, Giobbe si riposiziona al posto della creatura. Egli si pente, torna a essere un fedele, un uomo che riconosce che il suo valore è solamente nell’essere amato da Dio. Questa conversione porta Giobbe a conoscere veramente Dio: è una nuova ricchezza. Gli viene restituito il doppio. Chi si mette con umiltà di fronte a Dio, e impara a dipendere da lui, vive una nuova ricchezza. Chiediamo davanti al Crocifisso la fede di Giobbe.
Preghiamo
O alto e glorioso Dio, illumina le tenebre del cuore mio.
Dammi una fede retta, speranza certa,
carità perfetta e umiltà profonda.
Dammi, Signore, senno e discernimento
per compiere la tua vera e santa volontà.
Amen
(san Francesco d’Assisi)