Gb16,1-20; Sal 118 (119),161-168;Tb11,5-14; Mt 26,1-5
Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso. (Mt 26,2)
La sentenza di morte viene già emessa dagli anziani e dai capi dei sacerdoti ben prima del processo a Gesù. In una stanza della casa del sommo sacerdote si decidono le sorti del Figlio dell’uomo. Forse era uno dei tanti punti “all’ordine del giorno” o forse era il motivo principale della riunione. Ma perché ucciderlo? Questa domanda non viene posta da nessuno dei capi. Gesù è scomodo a chi non ha intenzione di arretrare, di lasciare spazio agli altri, di lasciare posto a Dio nella sua vita. Magari sono gli stessi che dicono di amare Dio, di servirlo, di fare tutto per il suo regno. Ma quando si tratta di lasciare, di affidarsi, di credere, tutto crolla. L’unica domanda che i capi si pongono è: cosa penserà di me la gente? Per questo si dicono: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo» (Mt 26,5).
Preghiamo
Signore, io credo: io voglio credere in te.
O Signore, fa’ che la mia fede sia piena, senza riserve,
e che essa penetri nel mio pensiero, nel mio modo di giudicare
le cose divine e le cose umane. […]
O Signore, fa’ che la mia fede sia umile e non presuma fondarsi
sull’esperienza del mio pensiero e del mio sentimento;
ma si arrenda alla testimonianza dello Spirito Santo,
e non abbia altra migliore garanzia
che nella docilità alla Tradizione
e all’autorità del Magistero della santa Chiesa.
Amen
(san Paolo VI)