Nuovo cielo e terra nuova
Ct 2,17–3,1b.2; Sal 12; 2Cor 4,18–5,9; Gv 14,27-31a
Sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo – camminiamo infatti nella fede e non nella visione –, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. (2Cor 5,6-8)
Questo nostro tempo non è quello definitivo. Paolo utilizza un’espressione forte, scrivendo il suo desiderio di «abitare presso il Signore» lasciando questa vita: forse non lo diremmo con la stessa immediata convinzione, ma possiamo più facilmente accompagnarci a lui nel dire la nostra «fiducia» in ciò che Dio va compiendo nella storia e oltre la storia. Sì, siamo nella dimensione della «fede» e non in quella della «visione»: Dio non ci si mostra con tanta chiarezza, e dobbiamo continuamente cercare il suo volto, magari spesso accompagnati da dubbi e incertezze, o soverchiati da fatiche e sofferenze che mettono a dura prova la certezza della sua presenza. La fede si accompagna all’accettazione di questa condizione di «esilio», in cui Dio non si mostra come vorremmo, ma in cui sappiamo che la nostra patria, la nostra casa è pronta, è in Dio. Intanto, scrive l’apostolo, in questa attesa «lontano dal Signore» a noi è chiesto di scegliere in comunione con lui, perché davvero possiamo riconoscerci nella gioiosa eternità preparata per noi e per tutti.
Preghiamo
Loda il Signore, anima mia, alleluia.
Nella mia vita loderò il Signore, alleluia.
Finché avrò vita, canterò al mio Dio, alleluia.
(dalla liturgia)