Ct 5,6b-8; Sal 17; Fil 3,17-4,1; Gv 15,9-11
«Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». (Gv 15,11)
L’Amata del Cantico vive il dramma della lontananza e della separazione, in quel gioco, che pare crudele, di nascondimento e manifestazione da parte dell’Amato. Sperimentando la differenza tra assenza e presenza la Sposa può, in piena libertà, conoscere la verità su di sé: dove è a casa, e dove è, invece, come un osso slogato!
Questo gioco di assenza /presenza è una realtà spirituale tanto comunitaria che personale. Dio che è amore, ama, desidera, vuole (ma non pretende!) essere amato e a questo ci educa: fino allo svuotamento, alla lacerazione, al grido, alla nostalgia. È un lavoro che dura tutta l’esistenza: riconoscere il nostro posto, la nostra cittadinanza, quale gioia ci colma e quale no. È drammatico ma non è una tragedia. Il finale è la Festa, il trionfo di quel Dio che sarà tutto in tutti (1Cor 15,28).
Preghiamo col Salmo
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore,
mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo.