Gen 13,1b-11; Sal 118 (119), 33-40; Pr 5,15-23; Mt 5,31-37
Poiché sono davanti agli occhi del Signore le vie dell’uomo, egli bada a tutti i suoi sentieri. L’empio è preda delle sue iniquità, è tenuto stretto dalle funi del suo peccato. Egli morirà per mancanza d’istruzione, si perderà per la sua grande stoltezza. (Pr 5,21-23)
I nostri giorni sono nelle mani di Dio. Anche quando proprio non sembra. Attendere non è vano, fidarsi non è esporsi alla delusione. Anche quando sembra di perderci in sentieri senza sbocco e senza gioia. Il saggio del libro dei Proverbi invita a custodire questa percezione fiduciosa: l’alternativa è la prigionia, la schiavitù indotta dalla nostra debolezza, la vacuità della nostra miopia e della nostra incapacità di comprendere. Rimanere in Dio (o a lui tornare) è ciò che ci può garantire di non rimanere sconfitti dalla lotta – spesso dura e aspra – che la vita a volte o sempre rappresenta. Non ci accada di snobbare i segni – pur piccoli e nascosti – con cui Dio mostra la sua cura per noi. Con discrezione, certo, senza proclami altisonanti, ma ci accompagna.
Preghiamo
Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
medito e il mio spirito si va interrogando.
Forse il Signore ci respingerà per sempre,
non sarà mai più benevolo con noi?
È forse cessato per sempre il suo amore,
è finita la sua promessa per sempre?
può Dio aver dimenticato la pietà,
aver chiuso nell’ira la sua misericordia?
(dal Salmo 77)