Dt 6, 4a; 18, 9-22; Sal 105 (106); Rm 3, 21-26; Gv 8, 31-59
«Il Signore mi rispose: “Quello che hanno detto, va bene. Io susciterò loro un profeta in mezzo ai loro fratelli e gli porrò in bocca le mie parole ed egli dirà loro quanto io gli comanderò. Se qualcuno non ascolterà le parole che egli dirà in mio nome, io gliene domanderò conto. Ma il profeta che avrà la presunzione di dire in mio nome una cosa che io non gli ho comandato di dire, o che parlerà in nome di altri dèi, quel profeta dovrà morire”. Forse potresti dire nel tuo cuore: “Come riconosceremo la parola che il Signore non ha detto?”. Quando il profeta parlerà in nome del Signore e la cosa non accadrà e non si realizzerà, quella parola non l’ha detta il Signore. Il profeta l’ha detta per presunzione. Non devi aver paura di lui». (Dt 18,17-22)
Il popolo di Israele riceve un criterio per distinguere tra falsi e veri profeti: i primi fingono di parlare a nome del Signore, ma in realtà lo fanno solo per interesse personale, così che diventa facile verificare la loro impostura, perché non si verifica quanto annunciano, anche se a un primo sguardo potrebbe risultare promettente e positivo. Questo brano interroga anzitutto sulle occasioni nelle quali si preferisce ascoltare e seguire parole consolanti e rassicuranti, perché non chiedono di cambiare la propria vita, ma in fondo non sono nulla di significativo. Inoltre, la distinzione tra veri e falsi profeti porta a considerare Gesù, colui che ha annunciato Dio facendolo accadere, fino ad avere la garanzia che l’amore da lui proclamato si è realizzato sulla croce, quando ha vissuto un amore così potente da arrivare a dare la vita fino alla morte.
Il cammino di Quaresima fa una nuova tappa, lasciando che ciascuno possa contemplare a partire dalla croce la misura dell’amore.
Preghiamo
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R
dal Salmo 105 (106)