Is 56, 3-7; Sal 23 (24); Ef 2, 11-22; Lc 14, 1a. 15-24
«Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”». (Is 56,6-7)
La promessa fatta a Israele non sarà realizzata fino a che non includerà anche gli stranieri. Nell’affermazione del Signore, dono per tutti, è racchiusa la sua identità: come potrebbe essere un Dio che ama, ma solo pochi? Per questo la sua casa è ospitale per tutti. Quella promessa, fatta a Israele, diventa ancor più pressante con la rivelazione in Gesù: il dono della sua vita non può ridursi a raggiungere pochi.
Proprio oggi, per ciascuno, è possibile lasciarsi coinvolgere in quell’invito rivolto a tutti, anziché essere l’artefice della sua limitazione.
Preghiamo
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli,
chi non giura con inganno.
dal salmo 23 (24)