Is 49, 1-7; Sal 21 (22); Fil 2, 5-11; Lc 23, 36-43
«È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra». Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto». (Is 49,6-7)
La descrizione del servo del Signore fatta da Isaia trova piena corrispondenza nell’esistenza di Gesù. Festeggiarlo come re dell’universo significa essere messi di fronte al fatto che Dio ha rivelato la sua potenza facendosi schiavo, ha scelto di incontrare gli esseri umani mettendosi a loro servizio.
Possono risultare concetti ai quali si fa l’abitudine, oppure diventare la traccia concreta per impostare la propria vita, costruendola tramite lo stesso stile che è stato del Signore, scegliendo realmente l’umiltà che è capace di lasciare spazio agli altri, al punto da favorire la loro piena realizzazione nell’incontro con il Signore.
Preghiamo
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
perché egli non ha disprezzato
né disdegnato l’afflizione del povero,
il proprio volto non gli ha nascosto
ma ha ascoltato il suo grido di aiuto.
dal Salmo 21 (22)