2Tm 3,10-17; Sal 18; Lc 21,20-24
Quando vedrete Gerusalemme circondata da eserciti allora sappiate che la sua devastazione è vicina. Allora coloro che si trovano nella Giudea fuggano verso i monti, coloro che sono dentro la città se ne allontanino, e quelli che stanno in campagna non tornino in città. (Lc 21,20-21)
Continua il discorso apocalittico di Gesù. In particolare questo brano interroga sul “luogo” della missione in cui siamo chiamati a essere, e non solo in termini geografici ma di cuore, di mentalità, di presenza, di vissuto interiore. Gesù ci invita ad accettare una missione al di fuori del nostro controllo e a trasformare il nostro “fuggire” nella riscoperta dello Spirito quale vero soggetto della missione. Così come succederà alla prima comunità di Gerusalemme quando, come leggiamo in At 8,4, «quelli però che si erano dispersi andarono di luogo in luogo, annunciando la Parola». Costretti ad allontanarsi da Gerusalemme perché perseguitati, diventano i primi annunciatori del Vangelo al di fuori dei suoi territori. L’andare che è missione non sempre rispetta la pianificazione e i programmi che ci creiamo e che ci rassicurano. A volte è un mandato improvviso, causato da situazioni impreviste o comunque non volute di disagio, di rifiuto, di sofferenza. Ma in questo andare, quando il cuore arde dello Spirito del Risorto, la crisi si trasforma in opportunità.
Preghiamo
Signore, mi hai afferrato, e non ho potuto resisterti.
Sono corso a lungo, ma tu m’inseguivi.
Prendevo vie traverse, ma tu le conoscevi. Mi hai raggiunto.
Mi sono dibattuto. Hai vinto!
(Michel Quoist)