2Tm 1,13 − 2,7; Sal 77; Lc 20,41-44
Allora egli disse loro: «Come mai si dice che il Cristo è figlio di Davide, se Davide stesso nel libro dei Salmi dice: “Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra finché io ponga i tuoi nemici come sgabello dei tuoi piedi”? Davide dunque lo chiama Signore; perciò, come può essere suo figlio?». (Lc 20,41-44)
Nei versetti precedenti erano stati gli scribi, i farisei e i sadducei a porre a Gesù domande per tendergli un tranello. Ora è invece Gesù che spiazza i suoi interlocutori, facendo loro una domanda proprio partendo dalla Scrittura, punto di riferimento della loro fede. Il Cristo è figlio di Davide ma in un senso più grande di quello da loro creduto, così come il suo messianismo non è legato né a una sovranità né a una mentalità terrena. Gesù li invita a guardare oltre, a una salvezza più radicale. Anche oggi l’umanità vive un’attesa di salvezza – conflitti, povertà, disagio… – e Cristo si propone come punto focale in questa ricerca che è al di là e al di sopra dei giochi politici, economici, di relazione tra i popoli legati a interessi di parte. Gesù ci invita a guardare a una salvezza secondo il piano di Dio, che chiama l’umanità a relazioni di fratellanza e solidarietà. Il Cristo, incarnato in un popolo particolare, in un momento storico particolare, li trascende e testimonia una visione di umanità secondo il cuore del Padre.
Preghiamo
Sii con noi, Signore,
per renderci tutti uno in te
e idonei, per tua virtù,
a trasmettere al mondo
la tua pace e la tua salvezza.
Paolo VI