Ne 9, 1-15. 36 – 10, 1; Sal 76 (77); Lc 13, 10-17
Il ventiquattro dello stesso mese, gli Israeliti si radunarono per un digiuno, vestìti di sacchi e coperti di polvere. I discendenti d’Israele si separarono da tutti gli stranieri e in piedi confessarono i loro peccati e le colpe dei loro padri. Si alzarono in piedi e lessero il libro della legge del Signore, loro Dio, per un quarto della giornata; per un altro quarto essi confessarono i peccati e si prostrarono davanti al Signore, loro Dio. (Ne 9,1-3)
La confessione dei peccati non dipende da un generico senso di colpa, né dalla semplice analisi dei fatti commessi. Essa si radica più precisamente nel rapporto con il Signore: dopo aver letto la Scrittura, il popolo riconosce di non aver risposto adeguatamente all’amore che il Signore gli rivolge. Ciò rende la consapevolezza del peccato ancor più acuta, perché ha a che fare con la propria identità più profonda, data dal legame con il Signore. Anche per ciascun cristiano oggi può essere l’occasione per confrontarsi con la Scrittura, verificare la propria condotta e da lì fare nascere la possibilità di una vita nuova.
Preghiamo
Ripenso ai giorni passati,
ricordo gli anni lontani.
Un canto nella notte mi ritorna nel cuore:
medito e il mio spirito si va interrogando.
Può Dio aver dimenticato la pietà,
aver chiuso nell’ira la sua misericordia?
dal Salmo 76 (77)