At 12, 1-11; Sal 33 (34); 2Cor 11, 16 – 12, 9; Gv 21, 15b-19
[Erode] Lo fece catturare e lo gettò in carcere, consegnandolo in custodia a quattro picchetti di quattro soldati ciascuno, col proposito di farlo comparire davanti al popolo dopo la Pasqua. Mentre Pietro dunque era tenuto in carcere, dalla Chiesa saliva incessantemente a Dio una preghiera per lui. In quella notte, quando Erode stava per farlo comparire davanti al popolo, Pietro, piantonato da due soldati e legato con due catene, stava dormendo, mentre davanti alle porte le sentinelle custodivano il carcere. Ed ecco, gli si presentò un angelo del Signore e una luce sfolgorò nella cella. (At 12,4-7a)
Chi è prigioniero in carcere vive la solitudine più profonda, ma questa non è stata l’esperienza di Pietro. Mentre egli è prigioniero, infatti, tutta la comunità condivide la sua sofferenza, così che la sua solitudine non è più tale, attraverso i fratelli egli è unito al Signore al quale è rivolta la preghiera.
Il Signore non lo abbandona e si fa presente attraverso colui che lo libererà dal carcere. La condivisione della sofferenza si trasforma nel momento della liberazione così che Pietro potrà unirsi nuovamente alla comunità e guidarla.
Questo episodio è occasione per ringraziare del dono fatto a ciascuno attraverso la vita di Pietro, esso ha consentito a ogni cristiano di poter fare esperienza dell’incontro del Signore tramite la sua Chiesa.
Preghiamo
Magnificate con me il Signore,
esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore: mi ha risposto
e da ogni mia paura mi ha liberato.
dal Sal 33 (34)