Ez 7,1-14; Sal 105; Ml 2,4-9; Mt 12,38-42
Ecco, arriva sventura su sventura. Viene la fine, viene su di te: ecco, viene! Viene il tuo turno, o abitante della terra: arriva il tempo, è prossimo il giorno terribile e non di tripudio sui monti. Ez 7,5b-7
Ecco, si compie un destino inevitabile. Pare quasi inutile chiedere ancora al profeta parole di conversione. Sta arrivando la fine, giunge per il popolo un giorno terribile. Altro tempo non è concesso: tutto diventa ineluttabile e grave. Nel periodo di Avvento che stiamo vivendo, in cui la liturgia insiste così tanto sul “venire” di Gesù, questa parola risuona ancora più forte e in apparente contraddizione: cosa “sperare” di questa venuta? Cosa desiderare e accogliere? Ascoltando Ezechiele forse l’unica cosa in cui possiamo vedere una nota positiva è riuscire a mantenere aperta una domanda: perché il Signore avvisa il suo popolo? Perché insiste nel richiamare a conversione? Ricordiamoci che nessuna Parola di Dio è pronunciata vanamente e a vuoto. Quanto il Signore dice, è vero. Nessuno può dire di non sapere. Gli abitanti di Gerusalemme – e ciascuno di noi – devono sempre rimanere in ascolto!
Preghiamo
Vieni, Signore, nella preghiera della tua Chiesa
che ti chiama!
Vieni, nel grido dell’oppresso che richiama giustizia!
Vieni, nella fame del disgraziato che sta morendo!
Vieni, nello sforzo dell’uomo verso la città felice!
Joseph Gelineau