GIOBBE
Lettura del libro di Giobbe 19, 1-27b
In quei giorni. / Giobbe prese a dire: / «Fino a quando mi tormenterete / e mi opprimerete con le vostre parole? / Sono dieci volte che mi insultate / e mi maltrattate in modo sfacciato. / È poi vero che io abbia sbagliato / e che persista nel mio errore? / Davvero voi pensate di prevalere su di me, / rinfacciandomi la mia vergogna? / Sappiate dunque che Dio mi ha schiacciato / e mi ha avvolto nella sua rete. / Ecco, grido: “Violenza!”, ma non ho risposta, / chiedo aiuto, ma non c’è giustizia! / Mi ha sbarrato la strada perché io non passi / e sui miei sentieri ha disteso le tenebre. / Mi ha spogliato della mia gloria / e mi ha tolto dal capo la corona. / Mi ha distrutto da ogni parte e io sparisco, / ha strappato, come un albero, la mia speranza. / Ha acceso contro di me la sua ira / e mi considera come suo nemico. / Insieme sono accorse le sue schiere / e si sono tracciate la strada contro di me; / si sono accampate intorno alla mia tenda. / I miei fratelli si sono allontanati da me, / persino i miei familiari mi sono diventati estranei. / Sono scomparsi vicini e conoscenti, / mi hanno dimenticato gli ospiti di casa; / da estraneo mi trattano le mie ancelle, / sono un forestiero ai loro occhi. / Chiamo il mio servo ed egli non risponde, / devo supplicarlo con la mia bocca. / Il mio fiato è ripugnante per mia moglie / e faccio ribrezzo ai figli del mio grembo. / Anche i ragazzi mi disprezzano: / se tento di alzarmi, mi coprono di insulti. / Mi hanno in orrore tutti i miei confidenti: / quelli che amavo si rivoltano contro di me. / Alla pelle si attaccano le mie ossa / e non mi resta che la pelle dei miei denti. / Pietà, pietà di me, almeno voi, amici miei, / perché la mano di Dio mi ha percosso! / Perché vi accanite contro di me, come Dio, / e non siete mai sazi della mia carne? / Oh, se le mie parole si scrivessero, / se si fissassero in un libro, / fossero impresse con stilo di ferro e con piombo, / per sempre s’incidessero sulla roccia! / Io so che il mio redentore è vivo / e che, ultimo, si ergerà sulla polvere! / Dopo che questa mia pelle sarà strappata via, / senza la mia carne, vedrò Dio. / Io lo vedrò, io stesso, / i miei occhi lo contempleranno e non un altro».
SALMO
Sal 118 (119), 161-168
® Dal profondo a te grido, Signore; ascolta la mia voce.
I potenti mi perseguitano senza motivo,
ma il mio cuore teme solo le tue parole.
Io gioisco per la tua promessa,
come chi trova un grande bottino. ®
Odio la menzogna e la detesto,
amo la tua legge.
Sette volte al giorno io ti lodo,
per i tuoi giusti giudizi. ®
Grande pace per chi ama la tua legge:
nel suo cammino non trova inciampo.
Aspetto da te la salvezza, Signore,
e metto in pratica i tuoi comandi. ®
Io osservo i tuoi insegnamenti
e li amo intensamente.
Osservo i tuoi precetti e i tuoi insegnamenti:
davanti a te sono tutte le mie vie. ®
TOBIA
Lettura del libro di Tobia 5, 4-6a; 6, 1-5. 10-13b
In quei giorni. Uscì Tobia in cerca di qualcuno pratico della strada, che lo accompagnasse nella Media. Uscì e si trovò davanti l’angelo Raffaele, non sospettando minimamente che fosse un angelo di Dio. Gli disse: «Di dove sei, o giovane?». Rispose: «Sono uno dei tuoi fratelli Israeliti, e sono venuto qui a cercare lavoro». Riprese Tobia: «Conosci la strada per andare nella Media?». Gli disse: «Certo».
Il giovane partì insieme con l’angelo, e anche il cane li seguì e s’avviò con loro. Camminarono insieme finché li sorprese la prima sera; allora si fermarono a passare la notte sul fiume Tigri. Il giovane scese nel fiume per lavarsi i piedi, quand’ecco un grosso pesce balzando dall’acqua tentò di divorare il piede del ragazzo, che si mise a gridare. Ma l’angelo gli disse: «Afferra il pesce e non lasciarlo fuggire». Il ragazzo riuscì ad afferrare il pesce e a tirarlo a riva. Gli disse allora l’angelo: «Apri il pesce e togline il fiele, il cuore e il fegato; mettili in disparte ma getta via gli intestini. Infatti il suo fiele, il cuore e il fegato possono essere utili medicamenti». Il ragazzo squartò il pesce, ne tolse il fiele, il cuore e il fegato. Arrostì una porzione del pesce e la mangiò; l’altra parte la mise in serbo dopo averla salata.
Erano entrati nella Media e già erano vicini a Ecbàtana, quando Raffaele disse al ragazzo: «Fratello Tobia!». Gli rispose: «Eccomi». Riprese: «Questa notte dobbiamo alloggiare presso Raguele, che è tuo parente. Egli ha una figlia chiamata Sara e all’infuori di Sara non ha altro figlio o figlia. A te, come parente più stretto, spetta il diritto di sposarla più di qualunque altro uomo e di avere in eredità i beni di suo padre. È una ragazza saggia, coraggiosa, molto graziosa e suo padre è una brava persona». E aggiunse: «Tu hai il diritto di sposarla. Ascoltami, fratello: io parlerò della fanciulla al padre questa sera, per serbartela come fidanzata».
VANGELO
Lettura del Vangelo secondo Matteo 26, 1-5
In quel tempo. Terminati tutti questi discorsi, il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Voi sapete che fra due giorni è la Pasqua e il Figlio dell’uomo sarà consegnato per essere crocifisso».
Allora i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo si riunirono nel palazzo del sommo sacerdote, che si chiamava Caifa, e tennero consiglio per catturare Gesù con un inganno e farlo morire. Dicevano però: «Non durante la festa, perché non avvenga una rivolta fra il popolo».