In quasi tutte le case nelle settimane che precedono il Natale si espongono i presepi, c’è chi si diletta con i figli per trovare ogni anno un’idea originale e chi da sempre utilizza statuette e capanne acquistate chissà quando. «Il presepe è un’intuizione spirituale legata a una forma di religiosità popolare», spiega il teologo don Alberto Cozzi, «e tutti sanno che l’ha inventato san Francesco e la tradizione francescana per rappresentare la natività di Gesù».
Non tutti gli elementi del presepe si ritrovano nei racconti evangelici…
«Alcuni personaggi del presepe più che a una tradizione popolare sono legati a simboli biblici: penso per esempio alla stella, non solo riferita ai Magi, ma anche alla profezia di Barlaam, alla benedizione di Israele e alla bellezza della stella. Il bue si rifà a un oracolo di Isaia. Non solo. Il bue e l’asino conoscono il loro padrone, ma Israele no e il riferimento è alla ritrovata obbedienza in Gesù di Nazareth da parte del popolo dell’alleanza».
Oggi c’è chi ama attualizzare il presepe con scenografie o personaggi che appartengono al nostro tempo. Come valuta queste scelte?
«L’attualizzazione nei presepi è interessante nella misura in cui il sacro cerca di leggere l’esperienza attuale, cioè di collocare i personaggi di oggi o le figure in relazione al Mistero che è l’aspetto più importante. Se invece si scelgono modelli televisivi dell’effimero, allora il presepe perde il suo significato, anche se l’intenzione di rileggere tutto alla luce del sacro sarebbe positiva».
Spesso attorno al presepe nascono discussioni, tra chi lo difende e chi non lo vorrebbe, chi lo pone accanto ad altri simboli religiosi e chi ne fa una questione ideologica…
«Mi preme molto la questione interreligiosa perché nel Corano ci sono delle sure bellissime che parlano di Maria e del suo concepimento verginale di Gesù. Il problema quindi non è quello di togliere i presepi per via dei musulmani, ma di aiutarsi a fare un presepe interreligioso tenendo conto dei diversi simboli. Dio ha plasmato nel grembo di Maria il nuovo Adamo che si chiama Ishà, cioè Gesù per la tradizione islamica, quindi si può costruire un presepe».
Eppure non sono tutti d’accordo…
«L’unica difficoltà è per gli atei dichiarati, anche se bisogna capire, soprattutto nelle scuole, se l’ateismo militante, cioè la negazione del simbolo religioso degli altri, è davvero un atteggiamento costruttivo e tollerante. Se il presepe è davvero un simbolo religioso che può dare significato a una festa, non si vede perché debba essere negato soprattutto per i bambini. Questo secondo me è l’aspetto più delicato. Invece la tradizione cinese che è molto più spirituale non ha alcun problema sui simboli religiosi degli altri. L’importante è che si colga il significato religioso e che non ci sia una presa di posizione ideologica o di partito politico».
In ogni caso moltissime famiglie, anche non credenti, non rinunciano alla rappresentazione del sacro anche attraverso il presepe…
«Il presepe, come ogni simbolo religioso fa parte di una tradizione familiare, culturale, di costume che non ha ancora esaurito i suoi significati e valori affettivi. I presepi appartengono anche a una tradizione artistica italiana, come quella napoletana che è molto bella. È un’arte che interpreta a livello familiare quei simboli che fanno parte della nostra cultura, un aspetto che non va sottovalutato neanche oggi. Anche chi è poco praticante sente che fare Natale è costruire il presepe come attività creativa». In quasi tutte le case nelle settimane che precedono il Natale si espongono i presepi, c’è chi si diletta con i figli per trovare ogni anno un’idea originale e chi da sempre utilizza statuette e capanne acquistate chissà quando. «Il presepe è un’intuizione spirituale legata a una forma di religiosità popolare», spiega il teologo don Alberto Cozzi, «e tutti sanno che l’ha inventato san Francesco e la tradizione francescana per rappresentare la natività di Gesù».Non tutti gli elementi del presepe si ritrovano nei racconti evangelici…«Alcuni personaggi del presepe più che a una tradizione popolare sono legati a simboli biblici: penso per esempio alla stella, non solo riferita ai Magi, ma anche alla profezia di Barlaam, alla benedizione di Israele e alla bellezza della stella. Il bue si rifà a un oracolo di Isaia. Non solo. Il bue e l’asino conoscono il loro padrone, ma Israele no e il riferimento è alla ritrovata obbedienza in Gesù di Nazareth da parte del popolo dell’alleanza».Oggi c’è chi ama attualizzare il presepe con scenografie o personaggi che appartengono al nostro tempo. Come valuta queste scelte?«L’attualizzazione nei presepi è interessante nella misura in cui il sacro cerca di leggere l’esperienza attuale, cioè di collocare i personaggi di oggi o le figure in relazione al Mistero che è l’aspetto più importante. Se invece si scelgono modelli televisivi dell’effimero, allora il presepe perde il suo significato, anche se l’intenzione di rileggere tutto alla luce del sacro sarebbe positiva».Spesso attorno al presepe nascono discussioni, tra chi lo difende e chi non lo vorrebbe, chi lo pone accanto ad altri simboli religiosi e chi ne fa una questione ideologica…«Mi preme molto la questione interreligiosa perché nel Corano ci sono delle sure bellissime che parlano di Maria e del suo concepimento verginale di Gesù. Il problema quindi non è quello di togliere i presepi per via dei musulmani, ma di aiutarsi a fare un presepe interreligioso tenendo conto dei diversi simboli. Dio ha plasmato nel grembo di Maria il nuovo Adamo che si chiama Ishà, cioè Gesù per la tradizione islamica, quindi si può costruire un presepe».Eppure non sono tutti d’accordo…«L’unica difficoltà è per gli atei dichiarati, anche se bisogna capire, soprattutto nelle scuole, se l’ateismo militante, cioè la negazione del simbolo religioso degli altri, è davvero un atteggiamento costruttivo e tollerante. Se il presepe è davvero un simbolo religioso che può dare significato a una festa, non si vede perché debba essere negato soprattutto per i bambini. Questo secondo me è l’aspetto più delicato. Invece la tradizione cinese che è molto più spirituale non ha alcun problema sui simboli religiosi degli altri. L’importante è che si colga il significato religioso e che non ci sia una presa di posizione ideologica o di partito politico».In ogni caso moltissime famiglie, anche non credenti, non rinunciano alla rappresentazione del sacro anche attraverso il presepe…«Il presepe, come ogni simbolo religioso fa parte di una tradizione familiare, culturale, di costume che non ha ancora esaurito i suoi significati e valori affettivi. I presepi appartengono anche a una tradizione artistica italiana, come quella napoletana che è molto bella. È un’arte che interpreta a livello familiare quei simboli che fanno parte della nostra cultura, un aspetto che non va sottovalutato neanche oggi. Anche chi è poco praticante sente che fare Natale è costruire il presepe come attività creativa». – – Il 57° concorso Fom: Oscar delle natività – A Molteno il presepe vivente torna in piazza – La lanterna del pellegrino – Natività nel chiostro dell’Abbazia di Morimondo – La mostra artistica dell’Istituto Padre Monti (https://www.chiesadimilano.it/or/ADMI/pagine/00_PORTALE/2009/locand_presepi09_2bassa1.pdf)