07/01/2009
di Cristiana DOBNER
La Luce dell’Epifania dal piccolo Bambino si scinde in tre luminosi fasci che colpiscono tre momenti della vita di Gesù Cristo nella storia: i Magi che aprono la strada alla rivelazione del Dio d’Israele ai pagani, aspetto tanto privilegiato dalla sensibilità della tradizione latina; il Battesimo del Signore nelle acque del Giordano, cui guarda con stupore la tradizione orientale; le nozze di Cana in cui Egli si manifestò, compì cioè la sua “epifania”, e i discepoli al mutare dell’acqua in vino credettero in Lui.
Sono solo tre momenti, tre punti, nella storia della salvezza fissati nella cornice di un evento? Sarebbero in questo caso tre punti di luce, ma di luce morta, oppure sculture di luce effimera. La misericordia di Dio nel venire incontro all’uomo e alla donna ha donato invece una Luce sempre viva, sempre presente che, irraggiando, stupisce chi vive nella fede. Papa Benedetto, sapientemente, l’ha rilevato: «Che dovremmo dire noi, cari fratelli, specialmente noi sacerdoti della nuova Alleanza, che ogni giorno siamo testimoni e ministri dell’“epifania” di Gesù Cristo nella santa Eucaristia?».
Proprio da questo mistero sacramentale si diparte quella Luce che non abbandona mai, che riesce a penetrare le tenebre di questi giorni insanguinati e burrascosi, in cui ragioni politiche e militari si affrontano con la violenza e non con la diplomazia, con il terrore e non con la chiarezza che possa dirimere le questioni umane. Da questa Luce scaturisce la Luce di ogni giorno, di ogni momento, da cui nessuno, se lo vuole, è escluso: Egli, la Luce, sempre presente nel Sacramento.
Il Padre questa Luce ce la dona, in modo simbolico, nella stella che guida i Magi. Fiumi di inchiostro sono stati spesi per trovarne il nesso scientifico, ricostruirne i percorsi, individuarne la traiettoria. Papa Benedetto tutto questo scavo ben lo conosce, anche perché fede e ragione, fede e scienza, sono in lui dei pungoli, intellettuali e spirituali, che lo sollecitano a un confronto senza soste, sia nel passo da tenere, sia nella profondità delle conoscenze.
«Il pensiero cristiano paragona il cosmo a un “libro” – così diceva anche lo stesso Galileo -, considerandolo come l’opera di un Autore che si esprime mediante la “sinfonia” del creato». Questo “libro” si srotola dinanzi a noi ed è stupendo, suscita una meraviglia sempre nuova, le sue lettere vibrano di Luce e la trasmettono; sembra però che noi, creature umane, tutto si faccia e si tenti di fare per oscurarla, per cancellare e lettere e pagine.
I disastri ecologici, l’inquinamento, le guerre, i disboscamenti (si potrebbe continuare con un elenco sterminato) costituiscono grandi ombre che coprono o mascherano la Luce. Filtri opachi, vie sabbiose. Eppure la Luce li trapassa, innesta il grande processo alchemico dell’amore, misterioso, ma reale, affidato a quella «stella dell’evangelizzazione» che è Maria. Donna che brillò, ma non di luce propria e quindi non gettò fili propri nella storia, ma seppe accogliere la Luce e porgerla, donarla. Il fascio luminoso si diparte da qui, da un grembo che accolse e generò il tutto Luce, il Figlio di Dio che irruppe nelle tenebre e le convertì.
La rivoluzione cosmologica cui accenna Papa Benedetto, dandoci così la chiave di lettura dell’episodio evangelico, scuote le fondamenta del mondo e della storia, impone con la sua Luce la signoria del Servo, che diviene Uomo in carne e ossa, ma rimane il Dio che governa con armoniosa sapienza il cosmo e lo mette nelle nostre mani: «Non c’è ombra, per quanto tenebrosa, che possa oscurare la luce di Cristo». Allora noi, semplici creature, capaci di gettare ombra, possiamo creare luce, diventare artefici, creatori, se esposti ai raggi luminosi: accogliamo la Luce e tutto da noi sarà trapassato di speranza, di incandescenza che contagia.
Benedetto ci dona anche quell’aspetto simbolico che a tutti è offerto e a cui nessuno può sottrarsi, una volta che il fascio di Luce abbia fatto irruzione nella sua coscienza: «Cari amici, in questo anno paolino, la festa dell’Epifania invita la Chiesa e, in essa, ogni comunità e ogni singolo fedele, a imitare, come fece l’Apostolo delle genti, il servizio che la stella rese ai Magi d’Oriente guidandoli fino a Gesù. Che cos’è stata la vita di Paolo, dopo la sua conversione, se non una “corsa” per portare ai popoli la luce di Cristo e, viceversa, condurre i popoli a Cristo? La grazia di Dio ha fatto di Paolo una “stella” per le genti».
Questa Luce ci fa stella, se lo desideriamo. Ogni giorno.