Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi-anno-2009/ac-ambrosiana-nella-chiesa-e-nella-societ-95285.html
Sirio 18 - 24 novembre 2024
Share

Azione cattolica

Ac ambrosiana nella Chiesa e nella società

L'intervista a don Ivano Valagussa, assistente unitario dell'Azione Cattolica Ambrosiana, al termine della vacanza estiva dei giovani

di Silvio MENGOTTO Redazione Diocesi

4 Settembre 2009

Il cammino di Giuseppe Lazzati continua ancora?
La scelta di incontrare la figura di Lazzati a Merano, in questo percorso formativo che porterà anche all’incontro a Monaco di Baviera con i giovani della Rosa Bianca, è legata anche a una particolare necessità e urgenza per il cammino di maturazione dei giovani. Oggi occorrono dei maestri, dei modelli di vita, delle guide. Lazzati consegna in questo centenario all’Ac il compito di continuare ad accompagnare giovani nella loro maturazione umana, civile, ecclesiale e spirituale offrendo guide ed educatori che siano anzitutto testimoni e modelli di vita bella, buona e piena. Incontrare Lazzati a Merano significa accostarsi a un uomo che attraverso decisioni radicali e coerenti con la fede è diventato un uomo così.

Ho l’impressione che questo compito formativo, educativo si sposi con la recente scelta pastorale di Benedetto XVI proprio sull’importanza dell’educazione e formazione dei fedeli. Che ne pensa?
Un compito che certamente la Chiesa italiana assume per il prossimo decennio come obiettivo e prospettiva pastorale. L’Azione cattolica non può venir meno a questo compito. La sua missione specifica nella Chiesa è quella della formazione di un laicato capace di testimoniare il Vangelo negli ambienti di vita e allo stesso tempo anche capace di offrire l’esperienza ecclesiale di cui tutti abbiamo bisogno, ma soprattutto che è necessaria per un cammino di fede completo. Oltre alla riscoperta in questi anni del primo annuncio, l’Ac è chiamata sempre più a declinare negli ambienti di vita forme di vita secondo il Vangelo e a darne testimonianza in figure laicali che non temono la quotidianità e la radicalità evangelica. Certamente è chiamata anche ad offrire esperienze di chiesa, cioè di condivisione di fede, di cammino e maturazione di fede, di conversione al Vangelo. Questo penso sia proprio un compito che rivitalizza l’Ac e allo stesso tempo anche colloca l’Ac all’interno di tanti servizi pastorali, educativi, presenti nella Chiesa e nella società.

Nella recente enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate si parla con un termine lazzatiano di “città dell’uomo”. Non le sembra curioso e alquanto interessante?
La città dell’uomo presenta la tensione positiva di mettere al centro la persona in tutte le sue dimensioni e di operare quel bene comune nel quale ogni persona trova la sua dignità e realizzazione. La città dell’uomo non può prescindere da atteggiamenti e scelte che sembrano spesso confinate solo nell’area religiosa: carità, gratuità, perdono. Benedetto XVI nella sua recente enciclica c’invita a riscoprire questa visione ampia e completa dell’impegno sociale. C’invita cioè a declinare nella verità la carità verso il mistero dell’uomo, creato a immagine somiglianza di Dio. In questo esercizio di formazione l’Ac può offrire il suo contributo. Lo sta già facendo anche tra i giovani. Penso in modo particolare a quel laboratorio che si è poi trasformato in una vera e propria scuola socio-politica che ha raccolto quest’anno a Milano circa 100 giovani provenienti da varie parrocchie, associazioni e movimenti.
Tutto questo ci aiuta a non generalizzare facilmente l’osservazione circa la mancanza d’interesse delle giovani generazioni per la politica; così anche ci aiuta ad uscire da quella tendenza a considerare i giovani solo dei destinatari dei nostri impegni educativi. In questa attività possiamo trovare infatti dei giovani che hanno elaborato con pazienza la proposta di formazione socio-politica, confrontandosi con esperti e collaborando nella realizzazioni con diverse istituzioni.
In tutto questo ritroviamo lo stile educativo dell’Ac: attenzione alla persona, alla sua formazione in tutte le sue dimensioni, al suo coinvolgimento attivo e creativo e soprattutto attenzione a favorire l’apertura agli altri, alla loro storia assumendo con discrezione la cura dell’altro/a, anche della sua ricerca di senso della vita e di fede, nella condivisione di quella “casa” che è l’esistenza, il lavoro, la vocazione, la malattia e la salute, la città e il mondo intero. Il cammino di Giuseppe Lazzati continua ancora?La scelta di incontrare la figura di Lazzati a Merano, in questo percorso formativo che porterà anche all’incontro a Monaco di Baviera con i giovani della Rosa Bianca, è legata anche a una particolare necessità e urgenza per il cammino di maturazione dei giovani. Oggi occorrono dei maestri, dei modelli di vita, delle guide. Lazzati consegna in questo centenario all’Ac il compito di continuare ad accompagnare giovani nella loro maturazione umana, civile, ecclesiale e spirituale offrendo guide ed educatori che siano anzitutto testimoni e modelli di vita bella, buona e piena. Incontrare Lazzati a Merano significa accostarsi a un uomo che attraverso decisioni radicali e coerenti con la fede è diventato un uomo così.Ho l’impressione che questo compito formativo, educativo si sposi con la recente scelta pastorale di Benedetto XVI proprio sull’importanza dell’educazione e formazione dei fedeli. Che ne pensa?Un compito che certamente la Chiesa italiana assume per il prossimo decennio come obiettivo e prospettiva pastorale. L’Azione cattolica non può venir meno a questo compito. La sua missione specifica nella Chiesa è quella della formazione di un laicato capace di testimoniare il Vangelo negli ambienti di vita e allo stesso tempo anche capace di offrire l’esperienza ecclesiale di cui tutti abbiamo bisogno, ma soprattutto che è necessaria per un cammino di fede completo. Oltre alla riscoperta in questi anni del primo annuncio, l’Ac è chiamata sempre più a declinare negli ambienti di vita forme di vita secondo il Vangelo e a darne testimonianza in figure laicali che non temono la quotidianità e la radicalità evangelica. Certamente è chiamata anche ad offrire esperienze di chiesa, cioè di condivisione di fede, di cammino e maturazione di fede, di conversione al Vangelo. Questo penso sia proprio un compito che rivitalizza l’Ac e allo stesso tempo anche colloca l’Ac all’interno di tanti servizi pastorali, educativi, presenti nella Chiesa e nella società.Nella recente enciclica di Benedetto XVI Caritas in Veritate si parla con un termine lazzatiano di “città dell’uomo”. Non le sembra curioso e alquanto interessante?La città dell’uomo presenta la tensione positiva di mettere al centro la persona in tutte le sue dimensioni e di operare quel bene comune nel quale ogni persona trova la sua dignità e realizzazione. La città dell’uomo non può prescindere da atteggiamenti e scelte che sembrano spesso confinate solo nell’area religiosa: carità, gratuità, perdono. Benedetto XVI nella sua recente enciclica c’invita a riscoprire questa visione ampia e completa dell’impegno sociale. C’invita cioè a declinare nella verità la carità verso il mistero dell’uomo, creato a immagine somiglianza di Dio. In questo esercizio di formazione l’Ac può offrire il suo contributo. Lo sta già facendo anche tra i giovani. Penso in modo particolare a quel laboratorio che si è poi trasformato in una vera e propria scuola socio-politica che ha raccolto quest’anno a Milano circa 100 giovani provenienti da varie parrocchie, associazioni e movimenti.Tutto questo ci aiuta a non generalizzare facilmente l’osservazione circa la mancanza d’interesse delle giovani generazioni per la politica; così anche ci aiuta ad uscire da quella tendenza a considerare i giovani solo dei destinatari dei nostri impegni educativi. In questa attività possiamo trovare infatti dei giovani che hanno elaborato con pazienza la proposta di formazione socio-politica, confrontandosi con esperti e collaborando nella realizzazioni con diverse istituzioni.In tutto questo ritroviamo lo stile educativo dell’Ac: attenzione alla persona, alla sua formazione in tutte le sue dimensioni, al suo coinvolgimento attivo e creativo e soprattutto attenzione a favorire l’apertura agli altri, alla loro storia assumendo con discrezione la cura dell’altro/a, anche della sua ricerca di senso della vita e di fede, nella condivisione di quella “casa” che è l’esistenza, il lavoro, la vocazione, la malattia e la salute, la città e il mondo intero. – – – La Rosa Bianca oggi: pensieri dei giovani di Ac – Franz J. Muller: «Io, membro della Rosa Bianca» – Azione Cattolica nella Chiesa e nella società – Al lager di Dachau: dov’è Dio?