Pubblichiamo la testimonianza di David, 61 anni, violoncellista.
Nel corso della Messa vigiliare di Pasqua 2010 sono stato battezzato nella fede cattolica. Un traguardo, un punto d’arrivo, che altro non è che il punto di partenza per una vita nuova, più ricca e più bella di quella di prima. Come sono giunto a chiedere di esser ammesso a compiere questo passo all’età di 61 anni? Il percorso è stato lungo e complesso, e lo posso riassumere qui solo per sommi capi.
Sono nato e cresciuto negli Stati Uniti, in una famiglia di origini ebraiche nella quale, però, non c’è stata alcuna trasmissione della tradizione religiosa degli avi. L’atteggiamento in famiglia era, semmai, decisamente ostile alla religione, che veniva vista, in senso lato, come una fonte di discordia tra le genti. In assenza di questa trasmissione, sono cresciuto con un grande vuoto spirituale dentro, un vuoto che ho cercato negli anni di colmare di esperienze estetiche: mi sono immerso nella musica, nella letteratura, nelle arti visive. Ed è stato proprio attraverso le arti visive (la pittura, la scultura, l’architettura) che mi sono arrivati i primi inviti a una possibile nuova vita spirituale.
Rimasi folgorato dai primi incontri, attorno ai miei 20 anni, con le chiese romaniche e gotiche d’Europa, nelle quali ho sentito subito una presenza misteriosa, ma innegabile. C’erano poi i grandi cicli di affreschi, le pale d’altare di ispirazione cristiana… Sentii sin da subito il forte richiamo spirituale di una tradizione capace di dare vita a tali manifestazioni ed esperienze. Ho cominciato a leggere libri sull’argomento, a entrare in chiesa per pregare, a frequentare sporadicamente la Messa. Ma per molti anni ci ho lottato contro, cercando di intellettualizzare ciò che provavo, interpretando il tutto solo in chiave estetica e storica. Né si è trattato solo della paura delle reazioni dei miei familiari davanti a un’eventuale mia adesione alla fede cattolica. No, a bloccarmi la strada è stata invece, soprattutto, la stessa mia formazione intellettuale, d’impronta marcatamente razionalista e positivista.
Quella voce, però, che mi chiamava e che m’invitava a entrare in Chiesa, non si era mai messa a tacere. E così si è sviluppato in me nei decenni un crescente stato di tensione, di disagio spirituale, di distanza dalle cose che maggiormente mi attiravano. Poi ho vissuto, negli ultimi due anni, alcune esperienze personali che mi hanno dimostrato concretamente la realtà e la verità del messaggio del Vangelo. Ho avuto modo di constatare sulla mia pelle che la carità e la speranza non sono concetti vuoti e altisonanti, bensì verità tangibili. E se ciò valeva per la speranza e per la carità, allora perché non per la fede?
Ho preso la mia decisione. Mi sono rivolto a don Ettore, che mi sta accompagnando con generosità e pazienza lungo il cammino del catecumenato. Un cammino complesso e articolato, fatto di incontri e di letture, di ritiri e di riti (compreso anche qualche rito presieduto dall’arcivescovo Tettamanzi in Duomo o nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano: momenti importanti di contatto con gli altri catecumeni adulti della Diocesi). Questo cammino mi ha portato ai Sacramenti del Battesimo, della Cresima e della Comunione.
Mi sento molto grato sia a don Ettore che al mio padrino Carlo che si è mostrato, anche lui, un modello di disponibilità e di pazienza (e in verità, a volte, di pazienza ce n’è voluto anche un bel po’!). Sono molto felice di far parte della Chiesa. Ho finalmente ricevuto i Sacramenti, per vivere in comunione con il Signore, e anche per vivere in comunione con i miei fratelli e le mie sorelle nella comunità dei fedeli: mi rendo ben conto che il rapporto con Dio non è solo verticale, ma anche orizzontale, nel senso che passa anche attraverso il rapporto con gli altri.
Un’ultima riflessione. Il cristianesimo ha radici ebraiche molto profonde e Gesù stesso appartiene al popolo ebraico, al quale le promesse divine, che egli porta a compimento per ogni suo seguace, furono fatte inizialmente attraverso i profeti. Anche per questo, vivo la mia scelta come un compimento e non solo come una scissione. Mi sento come se, dopo 40 anni nel deserto, stessi finalmente entrando anch’io nella Terra promessa. Pubblichiamo la testimonianza di David, 61 anni, violoncellista.Nel corso della Messa vigiliare di Pasqua 2010 sono stato battezzato nella fede cattolica. Un traguardo, un punto d’arrivo, che altro non è che il punto di partenza per una vita nuova, più ricca e più bella di quella di prima. Come sono giunto a chiedere di esser ammesso a compiere questo passo all’età di 61 anni? Il percorso è stato lungo e complesso, e lo posso riassumere qui solo per sommi capi.Sono nato e cresciuto negli Stati Uniti, in una famiglia di origini ebraiche nella quale, però, non c’è stata alcuna trasmissione della tradizione religiosa degli avi. L’atteggiamento in famiglia era, semmai, decisamente ostile alla religione, che veniva vista, in senso lato, come una fonte di discordia tra le genti. In assenza di questa trasmissione, sono cresciuto con un grande vuoto spirituale dentro, un vuoto che ho cercato negli anni di colmare di esperienze estetiche: mi sono immerso nella musica, nella letteratura, nelle arti visive. Ed è stato proprio attraverso le arti visive (la pittura, la scultura, l’architettura) che mi sono arrivati i primi inviti a una possibile nuova vita spirituale.Rimasi folgorato dai primi incontri, attorno ai miei 20 anni, con le chiese romaniche e gotiche d’Europa, nelle quali ho sentito subito una presenza misteriosa, ma innegabile. C’erano poi i grandi cicli di affreschi, le pale d’altare di ispirazione cristiana… Sentii sin da subito il forte richiamo spirituale di una tradizione capace di dare vita a tali manifestazioni ed esperienze. Ho cominciato a leggere libri sull’argomento, a entrare in chiesa per pregare, a frequentare sporadicamente la Messa. Ma per molti anni ci ho lottato contro, cercando di intellettualizzare ciò che provavo, interpretando il tutto solo in chiave estetica e storica. Né si è trattato solo della paura delle reazioni dei miei familiari davanti a un’eventuale mia adesione alla fede cattolica. No, a bloccarmi la strada è stata invece, soprattutto, la stessa mia formazione intellettuale, d’impronta marcatamente razionalista e positivista.Quella voce, però, che mi chiamava e che m’invitava a entrare in Chiesa, non si era mai messa a tacere. E così si è sviluppato in me nei decenni un crescente stato di tensione, di disagio spirituale, di distanza dalle cose che maggiormente mi attiravano. Poi ho vissuto, negli ultimi due anni, alcune esperienze personali che mi hanno dimostrato concretamente la realtà e la verità del messaggio del Vangelo. Ho avuto modo di constatare sulla mia pelle che la carità e la speranza non sono concetti vuoti e altisonanti, bensì verità tangibili. E se ciò valeva per la speranza e per la carità, allora perché non per la fede?Ho preso la mia decisione. Mi sono rivolto a don Ettore, che mi sta accompagnando con generosità e pazienza lungo il cammino del catecumenato. Un cammino complesso e articolato, fatto di incontri e di letture, di ritiri e di riti (compreso anche qualche rito presieduto dall’arcivescovo Tettamanzi in Duomo o nella Basilica di Sant’Ambrogio a Milano: momenti importanti di contatto con gli altri catecumeni adulti della Diocesi). Questo cammino mi ha portato ai Sacramenti del Battesimo, della Cresima e della Comunione.Mi sento molto grato sia a don Ettore che al mio padrino Carlo che si è mostrato, anche lui, un modello di disponibilità e di pazienza (e in verità, a volte, di pazienza ce n’è voluto anche un bel po’!). Sono molto felice di far parte della Chiesa. Ho finalmente ricevuto i Sacramenti, per vivere in comunione con il Signore, e anche per vivere in comunione con i miei fratelli e le mie sorelle nella comunità dei fedeli: mi rendo ben conto che il rapporto con Dio non è solo verticale, ma anche orizzontale, nel senso che passa anche attraverso il rapporto con gli altri.Un’ultima riflessione. Il cristianesimo ha radici ebraiche molto profonde e Gesù stesso appartiene al popolo ebraico, al quale le promesse divine, che egli porta a compimento per ogni suo seguace, furono fatte inizialmente attraverso i profeti. Anche per questo, vivo la mia scelta come un compimento e non solo come una scissione. Mi sento come se, dopo 40 anni nel deserto, stessi finalmente entrando anch’io nella Terra promessa.