30/10/2008
di Annamaria BRACCINI
«Siamo in attesa degli ultimi esami e speriamo che don Carlo possa superare la severissima inchiesta della santa Sede». A parlare così, di don Gnocchi, e dell’iter della canonizzazione di questo coraggioso sacerdote ambrosiano, è monsignor Ennio Apeciti, responsabile dell’Ufficio per le Cause dei Santi della diocesi. Che aggiunge: «Tuttavia, mi fermo a queste osservazioni proprio perché, per il fondatore della "Pro Juventute", siamo in una fase molto delicata e rispettosa della volontà del Santo Padre e della Congregazione delle Cause dei Santi. D’altra parte, la fioritura di carismi nella nostra Chiesa locale nel secolo scorso, è cosa nota: dai Pastori che hanno guidato la diocesi in tempi difficilissimi, come i vescovi beati Ferrari e Schuster a una moglie e madre di famiglia come santa Gianna Beretta Molla, fino all’ultima beatificazione che abbiamo vissuto, anche concretamente, a Milano, quella di monsignor Luigi Biraghi e don Luigi Monza».
E chi si sta avvicinando agli onori degli altari? «Possiamo ricordare Armida Barelli – risponde monsignor Apeciti -, che fu fondamentale per la nascita e la crescita dell’ateneo dei cattolici italiani. Proprio pochi giorni fa, all’inizio di ottobre, ne abbiamo riesumato il corpo, presso la cappella dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, in vista della beatificazione che si avvicina in quanto il miracolo, a lei riconducibile, sembrerebbe ben avviato all’esame finale».
«Potrebbe essere, poi, non lontana dalla beatificazione – continua – anche suor Enrichetta Alfieri, delle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, che fu detta l’“Angelo di san Vittore”, per la generosissima e pericolosa opera svolta all’interno del penitenziario durante la guerra a favore specie di ebrei imprigionati e di resistenti ai nazifascisti. Arrestata lei stessa, suor Enrichetta trascorse alcune settimane in una cella completamente buia nei sotterranei e liberata per essere fucilata, si salvò per interessamento del cardinale Schuster».
«A questo proposito – continua Apeciti -, mi pare davvero bello pensare a un singolare convergere, in vita, di spiriti destinati alla santità. Quasi una "corona" che avvolse la nostra terra ambrosiana e impedì tragedie più gravi di quelle, pur drammatiche, che accaddero nel periodo bellico. Anzi, posso anticipare che il 22 novembre prossimo è prevista la visita a Milano del nuovo prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, l’arcivescovo Angelo Amato, a testimonianza dell’attenzione per questa figura e la causa che la riguarda».
Si può affermare che le opere che hanno lasciato questi grandi donne e uomini di Dio, quale loro eredità concreta e spirituale, sia un modo di quell’«essere sempre misteriosamente presenti che è proprio dei santi», come diceva Giovanni Paolo II nella sua Lettera Apostolica Operosam Diem , inviata alla nostra Chiesa per fare memoria di Sant’Ambrogio.
«Non si può dimenticare – aggiunge monsignor Apeciti – che il merito della totalità di loro fu quello di rendere la santità un esercizio vissuto nella vita di tutti i giorni e in ogni diversa situazione concreta nella quale essi si trovarono a testimoniare la fede in Cristo: quasi a “consacrare” la quotidianità. Mi piace, l’azione profetica, ad esempio, di don Monza con la fondazione dell’Istituto Secolare delle “Piccole Apostole della Carità” o il “chinarsi sulle ferite del dolore innocente” dapprima dei mutilatini, e poi di tanti piccoli affetti da handicap, che caratterizzò don Gnocchi».