L’ultima giornata dei lavori al Teatro di Varese ha avuto una connotazione ambrosiana con la presentazione, da parte di mons. Marco Navoni, del triduo pasquale secondo il rito della Chiesa di Milano. Saluto ai convegnisti da parte del Nunzio apostolico in Italia, che ha ricordato come sia assolutamente necessario l’annuncio di speranza in un mondo pieno di angoscia.
di Maria Teresa Antognazza
Tutta ambrosiana l’ultima mattinata di lavori assembleari della Settimana Liturgica Nazionale di Varese, per l’occasione presieduta dal vescovo ausiliare di Milano monsignor Luigi Stucchi. E così il Teatro Apollonio ha potuto assaggiare nuove preziose perle della liturgia ambrosiana, sapientemente dosate da un relatore d’eccezione come il dottore della Biblioteca Ambrosiana monsignor Marco Navoni, che ha avuto il compito di presentare in tutta la sua ricchezza il triduo pasquale ambrosiano.
Non prima però di aver passato il microfono a un prestigioso “ospite” del raduno del Cal, il Nunzio apostolico per l’Italia Paolo Romeo. Portando ai convegnisti nuovamente il saluto e l’affetto di Benedetto XVI, il vescovo ha ricordato “l’angoscia” capace di suscitare in lui il tema della speranza, in un contesto socio-culturale in cui – ha detto mons. Romeo – «i segni di non speranza sono come un veleno che si respira nell’aria». Dunque, di nuovo l’appello ai credenti: «C’è tanta gente che vive nell’angoscia e ha bisogno di ricevere questa certezza. Abbiamo bisogno del pane che si spezza».
Ha quindi preso la scena il liturgista ambrosiano, che ha offerto anche attraverso l’esecuzione musicale di un’antifona, un responsorio e una parte del preconio, da parte di un bravissimo cantore, le suggestioni contenute nel rito ambrosiano del triduo pasquale. Celebrazione – ha detto Navoni – che si struttura inizialmente in un cammino di memoria (le celebrazioni del giovedì e del venerdì santo) e confluisce poi nella veglia pasquale in un cammino di speranza. Con due sottolineature particolari, messe bene in evidenza dal dottore dell’Ambrosiana, sulle quali varrebbe la pena di soffermarsi più frequentemente nelle nostre comunità. La prima riguarda gli “echi ecumenici” che la liturgia ambrosiana rilancia continuamente, attingendo nei testi e nelle scansioni liturgiche alle tradizioni orientali. La seconda, invece, dice l’attenzione allo svolgersi storico degli eventi della passione e morte del Signore.
«La liturgia ambrosiana – dice Navoni -, in consonanza con numerose liturgie orientali e soprattutto con l’antica liturgia di Gerusalemme, ha sempre conservato una particolare specificità: il rispetto rigoroso della dimensione storica nella quale si fa presente l’evento di salvezza. La liturgia ambrosiana, cioè, di stribuisce nelle singole celebrazioni del triduo gli episodi narrati nel vangelo secondo Matteo in maniera tale che in ogni celebrazione venga proclamato il brano evangelico che ad essa specificamente si riferisce. In questo senso il triduo è davvero un “cammino di memoria”: è la Chiesa che fa memoria di quegli eventi, ripercorrendone le tappe alla sequela del suo Signore che soffre, muore e risorge».
Estremamente suggestiva e ricca di spunti la dotta spiegazione che il dottore dell’Ambrosiana ha offerto circa la veglia pasquale, terzo grande momento del cammino a cui è invitata, come la “sposa”, la Chiesa intera. «In effetti, chi è chiamato a rivivere nella liturgia il triduo pasquale non è un cronista ma la Chiesa, chiamata a rivivere gli avvenimenti della Pasqua di Cristo con quella compartecipazione affettiva che è tipica della sposa che segue lo sposo nel suo cammino di passione, morte e risurrezione. Il sabato santo, secondo giorno del triduo, cioè giorno del “Christus sepultus”, la sposa entra in una condizione di lutto e di silenzio. Ma è un lutto sostenuto dalla speranza, dall’attesa e dalla certezza di ritrovare lo sposo. Così il cammino di memoria si fa cammino di speranza e di certezza nel giorno del “Christus suscitatus”».