Sabato 23 gennaio la visita pastorale del cardinale Angelo Scola riguarderà i Decanati milanesi Turro e Venezia. L’incontro con i fedeli è in programma alle 21 nella chiesa del Santissimo Redentore (via Pierluigi da Palestrina 5, Milano). Ne parliamo con i due Decani.
Turro, alla ricerca del senso dell’esistenza
Don Franco Amati, decano di Turro, spiega come la sua comunità si è preparata a questo appuntamento: «Abbiamo distribuito avvisi in parrocchia e ci siamo incontrati tra sacerdoti per commentare insieme la scheda sul Decanato da presentare all’Arcivescovo. Ho poi incontrato il Decano di Venezia per concordare i temi sui quali verteranno gli interventi dei laici nel corso della serata: in questi giorni stiamo verificando se hanno domande da porre. Vorremmo che nell’incontro con il Cardinale emergessero quesiti reali. Abbiamo preferito la chiesa come sede dell’incontro perché è in grado di contenere fino a 800 persone, mentre l’alternativa era un teatro di 300 posti: così tutti avranno modo di partecipare comodamente. Nelle diverse comunità, poi, preghiamo perché questo momento possa davvero essere fruttuoso.
Quali sono le caratteristiche di queste zone?
Il Decanato Turro è formato da 12 parrocchie, tra le quali due Comunità pastorali. Il Decanato Venezia è più piccolo, comprende 4 parrocchie. I confini di Turro vanno da piazzale Loreto a via Palmanova, fino a viale Monza: vi abitano circa 100 mila persone. Le percentuali di non cristiani sono difficili da calcolare. Gli immigrati invece sono soprattutto musulmani, cinesi e qualcuno proveniente dall’Est europeo.
Gli stranieri sono ben integrati?
L’immigrazione è una realtà con cui facciamo i conti in tutte le parrocchie. In alcune zone, come viale Padova, è sicuramente più presente. È in atto un processo di integrazione: un percorso che si muove da parte nostra e da parte loro, affinché ci sia arricchimento reciproco e condivisione rispettosa e lieta. Certo, un conto sono le famiglie, che riescono a mettersi in contatto più facilmente nelle diverse attività parrocchiali, un altro sono i singoli, più difficili da intercettare. Ci sono sicuramente occasioni che permettono di incrementare la conoscenza e la convivenza, come la benedizione delle case, la Messa, le richieste d’aiuto ai Centri d’ascolto, la solidarietà, i momenti dedicati all’iniziazione cristiana, l’oratorio o la scuola per stranieri… Ma entrare in rapporto con i singoli e con i giovani non è semplice.
La crisi economica si è sentita molto?
Sì, ha segnato tante persone. In ogni parrocchia c’è una tradizione di carità pratica: dal Fondo Famiglia lavoro ai centri d’ascolto, dalla Caritas alle Acli, tutti hanno registrato un aumento di richieste. Accompagnare chi è in difficoltà è un’occasione per incontrare l’altro, educarsi alla carità e al senso di responsabilità. Cerchiamo soprattutto di fare in modo che nessuno si senta solo nella difficoltà, accompagnando tutti nella ricerca di un’occupazione. E spesso capita che, una volta trovato lavoro, queste stesse persone vengano a dare una mano per aiutare gli altri. Più che economici, comunque, i problemi della zona sono la solitudine, la mancanza di senso e la crisi di appartenenza. Si fa fatica a ricordare che la vita è mistero, non una realtà in nostro possesso.
Giovani: a che punto siamo?
C’è urgenza di trasmettere la fede alle nuove generazioni. Il compito di educatori, insegnanti e di tutta la comunità educante è quello di aiutare i ragazzi ad affrontare la vita: Gesù passa attraverso la testimonianza degli adulti, che mostrano la fede già in atto. Anche se la situazione è problematica, ci sono segnali promettenti da valorizzare, sia nella scuola, sia nelle associazioni.
di Cristina Conti
Venezia, la sfida missionaria deve coinvolgere tutti
Attesa anche nel Decanato Venezia per la visita del cardinale Angelo Scola che vedrà coinvolte le quattro parrocchie (Santa Francesca Romana, San Gregorio Magno, Santissimo Redentore e San Vincenzo de’ Paoli) per un totale di 45 mila abitanti.
«L’età media della popolazione è abbastanza elevata ed è accresciuta anche la presenza di lavoratori e studenti non residenti, italiani e stranieri – spiega il decano don Natale Castelli -. La condizione sociale va dall’estrema agiatezza alla mancanza di dimora ed è caratterizzata da scarsa conoscenza reciproca, individualismo e vita frammentata». In compenso le parrocchie, «se fotografate con il filtro dei quattro pilastri della comunità degli Atti degli apostoli, godono di ottima salute», assicura. Tutte le comunità garantiscono percorsi formativi, liturgici, di catechesi ai genitori dei ragazzi di Iniziazione cristiana; non mancano anche gruppi familiari e adulti coinvolti nella vita dell’oratorio. «Gli itinerari educativi rivolti ai ragazzi sono segnati da esperienze comunitarie e di carità», aggiunge don Castelli. Molto attivi sono anche i Centri di ascolto, presenti in tutte le parrocchie, e la San Vincenzo.
La partecipazione alle celebrazioni eucaristiche «è buona», dice il Decano, e coinvolge molti fedeli italiani e stranieri, che provengono anche da fuori Decanato. Ma «la vera sfida» è quella missionaria. Per questo ci sono attenzione e cura su tanti aspetti della vita comunitaria: battesimi, funerali, percorsi di preparazione al matrimonio, carità alle famiglie bisognose, vita in oratorio, formazione di nuovi gruppi familiari, colloqui personali… «Noi preti siamo molto coinvolti in questo stile missionario – dice ancora don Castelli -, il problema è come far partecipi le comunità di fedeli perché siano corresponsabili». Qualcosa già si fa attraverso le équipes educative e caritative, «ma il cammino va approfondito». Intanto a livello decanale i laici condividono già la responsabilità pastorale attraverso le Commissioni famiglia, Caritas, Pastorale giovanile e missioni ad gentes. E anche se l’appartenenza ecclesiale passa attraverso le singole comunità parrocchiali, «tuttavia alcune iniziative aiutano a vivere con un senso di Chiesa eventi particolari, come la giornata per i religiosi in monastero, quella dell’ammalato al Santuario di San Camillo, la Via crucis del Venerdì santo lungo corso Buenos Aires, il pellegrinaggio mariano a Caravaggio…».
La vita delle comunità, insiste ancora don Castelli, «deve essere caratterizzata dallo stile missionario». E «al di là dello slogan della Chiesa in uscita – aggiunge il decano – l’interrogativo che ci mette in questione è come intercettare la vita della gente». Occorre un’azione pastorale comune tra preti e laici, superando l’idea che il sacerdote sia l’unico interlocutore: è molto importante infatti «l’esperienza comunitaria e di accoglienza, accanto a ogni iniziativa formativa».
L’incontro con l’Arcivescovo sarà allora l’occasione per approfondire il tema e aprire un confronto con tutti, per rispondere insieme ad alcuni interrogativi sulla vita pastorale e trovare strade nuove di evangelizzazione per l’impegno futuro.
di Luisa Bove