Quando immagini Lourdes, pensi a un luogo di anziani, ammalati, persone acciaccate o schiacciate dal peso della vita; un luogo tetro, di dolore e angoscia. Poi cominci a girare nel Santuario, tra la grande spianata con l’imponente statua dell’Incoronata e la grotta di Massabielle dominata dal piccolo e fragile simulacro dell’Immacolata e ti accorgi che i ragazzi sono tanti, così tanti che cominci a dire a tutti: «Ma Lourdes ha un volto giovane».
Sì, Lourdes ha il volto giovane delle dame e dei barellieri dell’Unitalsi neanche ventenni che, nonostante le fatiche della maturità scolastica, hanno deciso di dedicare un po’ delle proprie vacanze alle persone anziane e inferme; ha il volto dei ragazzi dei gruppi parrocchiali o oratoriani che la sera, dopo la processione aux flambeaux, cantano a squarciagola al di là del Gave la loro gioia.
Lourdes ha il volto dei giovani, soprattutto dell’Est, che, zaino in spalla, hanno compiuto centinaia di chilometri per inginocchiarsi, con una devozione ammirevole, ai piedi della Vergine. «Sembra quasi di stare alla Gmg…». Ma perché stupirsi? I giovani, così pieni di entusiasmo e di sete di vita, sono sempre alla ricerca di un “oltre”, di un infinito, cioè, capace di colorare la vita quotidiana grigia e monotona.
Loro, più di ogni altro, hanno sete di senso e lo ricercano in mille modi: c’è chi quell’“oltre” lo “assapora” nello sballo e nel disordine e chi invece in un rapporto profondo con Dio, che lo spinge a mettersi in gioco, a fare scelte radicali, come quella appunto di servire per un settimana intera un ammalato grave o di alzarsi nel cuore della notte per pregare alla Grotta. Non certo eroi, ma ragazzi in ricerca, desiderosi di capire e stanchi di una fede tramandata con fiacchezza e senza convinzione. «Qui a Lourdes è bello perché non ci vergogniamo della nostra fede – mi spiega una ragazza di Cassano d’Adda -, ma a casa non sarà così: dobbiamo vincere troppe cattive abitudini e soprattutto la paura di essere presi in giro dai nostri coetanei».
La sfida è aperta. Oltre alla disponibilità piena ed entusiasta al servizio, impressiona il feeling che si instaura tra giovani e anziani: i primi stanno ad ascoltare incantati i discorsi e i ricordi dei secondi – come una volta si faceva nelle sere d’inverno, nelle stalle, tra una decina e l’altra del Rosario -, mentre questi ultimi sembrano quasi assorbire entusiasmo e vita dagli altri. Un ammirevole scambio di doni.
Tra le tante affermazioni dei ragazzi ce n’è una che mi ha particolarmente colpito e che è stata espressa dal gruppo di San Sebastiano a Cremona: «L’esperienza di Lourdes – raccontavano i giovani sulla via del ritorno – ci ha fatto comprendere che non tutte le risposte della vita possono essere offerte dalla scienza. Ci sono aspetti misteriosi e affascinanti che possono essere spiegati solo dal rapporto con Dio e dall’amore per i fratelli». Che cosa dire di più? Non stupisce che da queste esperienze sboccino vocazioni religiose o sacerdotali, è il ciclo vitale di preghiera, liturgia, carità, catechesi, così ben “oliato” dall’Unitalsi, che apre i giovani al mistero e alla domanda fondamentale: «Che cosa fare per godere veramente la vita?».