«Siete come un albero in fiore, dalle vostre giovani forze cristiane ci aspettiamo che fiorisca la novità di Cristo». Le parole, piene di gratitudine e affetto, che il cardinale Scola rivolge ai 116 Catecumeni, provenienti dall’intera Diocesi e riuniti nel Centro di via Sant’Antonio, descrivono bene il clima di amicizia e di dialogo sincero che caratterizza l’incontro che si svolge tra l’Arcivescovo e coloro che, adulti, riceveranno il battesimo a Pasqua. Una quindicina di loro in Duomo nella Veglia pasquale per le mani proprio del Cardinale, che si confronta con tutti questi “nuovi cristiani”, presenti anche le madrine, i padrini, gli accompagnatori, i sacerdoti e tanti amici e parenti, il Vicario episcopale, monsignor Pierantonio Tremolada e il responsabile del Servizio per la Catechesi e il Catecumenato, don Antonio Costabile.
«Ringrazio Gesù per il dono che voi siete come elementi decisivi per il presente della Chiesa e per il futuro della nostra società milanese e di questa metropoli che trova, in voi, cittadini nuovi capaci di configurare una nuova immagine della Milano che ci attende. La gratitudine è a voi per aver accolto questa chiamata, per aver assunto la mentalità di Gesù nello svolgersi del vostro quotidiano, ma anche per tutti coloro che sono stati occasione di incontro con Gesù. Il Catecumenato rappresenta uno dei segni belli, se non il più bello, della vitalità della nostra Chiesa. È una grande gioia accogliervi nella Comunità», aggiunge l’Arcivescovo.
Poi, subito, si avvia il dialogo che vede protagonisti una decina di giovani, in rappresentanza dei gruppi nei quali si sono riuniti per l’intero pomeriggio. Persone di età e radici diverse come, del resto, è la composizione dei Catecumeni ambrosiani 2016, donne nel 54% del totale, in maggioranza stranieri (76%), con una presenza di albanesi pari al 33%, anche se non mancano cittadini del Costa Rica, del Perù, della Cina e della Costa d’Avorio
Rosmarina, appunto ivoriana, chiede come mantenere l’entusiasmo, Edoardo da Abbiategrasso all’Arcivescovo domanda: «per lei chi è Gesù».
«Sono come uno voi che si chiede come la propria fede possa crescere, pur con i miei difetti e peccati, abbracciando tutte le persone», riflette Scola, che osserva: «la gioia e l’entusiasmo sono un dono. Incontrare Gesù e approfondire questo incontro con il battesimo è un fattore di grande entusiasmo (la cui etimologia, non a caso, significa essere in Dio) e di gioia. Questo non significa tutti i nostri peccati e limiti scompaiano, ma la fede deve perseverare, maturando nel tempo. Per questo Gesù ci ha dato un grande aiuto, la comunità».
Il suggerimento è di poter vivere ogni giorno e in ogni ambiente secondo il modello dell’Eucaristia, l’atto principale a cui partecipiamo. «Nei momenti più duri prendete in mano il crocifisso e guardatelo, per lasciarvi guardare. La croce è la gloria, Cristo non è un uomo di potere, infatti, è morto in croce che è diventato il luogo dell’amore più totale. Essere fedeli a Lui nella comunità è il modo per superare le fatiche della vita».
Ancora interrogativi: Zamira, albanese, chiede cosa significhi «rinnegare se stessi per seguire Cristo e dove trovare la forza»; Marina, «come conciliare la misericordia di Dio con la sofferenza»; Paola, «come superare la paura di non essere “all’altezza”», altre ragazze come vivere la misericordia e la giustizia.
Chiara e complessiva la risposta del Cardinale: «La nostra libertà è fatta di due poli, uno che cerca l’autoaffermazione e un secondo che va verso l’altro. Il modo più potente per realizzare l’amore verso se stessi è fare spazio all’altro, come dimostra Gesù allargando la parentela della carne e del sangue, creandoci fratelli» e facendo comprendere che l’altro è la condizione per poter “dire” l’io personale fino in fondo. «Solo spalancandosi all’amore dell’altro viviamo».
Da qui il richiamo ai Catecumeni che, in serata, nella Veglia “In Traditione Symboli”, con tutti i giovani della Chiesa ambrosiana, ricevono il simbolo della fede, il Credo. «In questo mondo dove per amore si intende tutto e il contrario di tutto, dobbiamo imparare ad amare. Siete un segno importante e spero che la freschezza del vostro incontro con Gesù vi permetta di donare la vostra vita. Fin dalla nascita abbiamo un debito verso chi ci ha generato, quindi, la vita è un dono che, a nostra volta, dobbiamo donare. La responsabilità che deriva dal dono della vita e della fede è fare l’esperienza della misericordia che, come dice papa Francesco, rende la giustizia più giusta. La misericordia è per noi cristiani il criterio della giustizia».
Infine, Suela, «come imparare a perdonare come Gesù?»; Roberta che si domanda come la comunità cristiana possa aiutare dopo il battesimo e Alexander, albanese, che dice: «il dolore innocente ci interroga, perché siamo venuti al mondo, per essere messi alla prova o per altro?»
La via indicata, allora, è quella della preghiera, semplice, quotidiana, di offerta e di domanda. «La compagnia di Gesù non ci lascia mai soli, rivolgetevi a Lui come a un amico. Pensiamo alle tragedie e alle prove del mondo oggi, e ricordiamo quello che scriveva sant’Agostino, “la novità di vita che Gesù ha portato aspetta la libertà di ogni uomo”. Bisogna che la nostra libertà accolga questa novità con responsabilità, assumendo ogni atto di fede come un avvicinamento del Regno di Dio. Non scoraggiamoci e, come cittadini, si tratta di agire e lottare perché ci sia amicizia civica e vita buona nelle nostre Comunità».
Il pensiero, riflettendo sul dolore innocente, non può che andare al beato don Carlo Gnocchi, che come testamento spirituale lasciò proprio “La pedagogia del dolore innocente” e fu apostolo di questo dramma, anzitutto, nella Ritirata di Russai e con i mutilatini.
«Di fronte al dolore innocente, inspiegabile umanamente parlando, si può solo guardare a santi di questo tipo».
Ricordatevi sempre che «la comunità cristiana vi regge, sorregge e corregge attraverso la liturgia, l’amore gratuito, il pensiero di Cristo, perché muove la libertà. Dalle vostre giovani forze cristiane aspettiamo la novità che viene da Gesù. Quindi, forza, anche davanti alle difficoltà, alle contraddizioni, a ciò che accade». Magari anche davanti a ciò che si decide in Europa, come l’accordo sugli immigrati, che il Cardinale non esita a definire «discutibile».