Sabato 9 giugno, alle 9, in Duomo, i ventuno diaconi ordinati lo scorso 1° ottobre diventeranno sacerdoti della Chiesa di Milano per la preghiera e l’imposizione delle mani del cardinale Angelo Scola.
I tabelloni su cui sono riportate le foto degli ordinandi – distribuiti in questo periodo in tutte le parrocchie – si caratterizzano in particolare per due elementi: il motto e l’immagine che accompagna i volti dei nuovi “don”. La frase stampata è Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, abbinata a un’opera del pittore olandese Vincent Van Gogh, La notte stellata.
Per raccontare qualcosa in più sulla “carta d’identità” dei preti 2012, partiamo dalla Parola di Dio e precisamente dal Vangelo di Matteo. Dopo la proclamazione delle “Beatitudini”, Gesù pronuncia queste parole: «Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,14-16).
Il dipinto di Van Gogh
Da questi versetti è stato tratto il motto Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, a cui è ispirata anche l’immagine che accompagnerà l’ordinazione: La notte stellata di Vincent Van Gogh, dipinta nel 1889 probabilmente nei pressi della cittadina di Saint-Rémy-de-Provence, in Francia, ora conservata al Museum Of Modern Art (MoMa) di New York.
Il quadro raccoglie in sé tutte le potenzialità del motto. La notte è trapuntata da undici stelle assieme a una splendida luna: luce purissima, che dal giallo più intenso e carico scolora verso il bianco, più etereo e spirituale; come fari nella notte rivolti all’oscurità del mondo, le punte di bianco e giallo stemperano il blu denso e corposo del cielo. L’aria è come modellata da queste dodici luci che sfidano le tenebre. Nella vallata, racchiusa dal recinto dei monti, grava sulla terra una città: è un paese notturno, ma non del tutto addormentato; qualche finestra cerca di vincere l’oscurità con piccole luci, incapaci però di superare la forza del buio. La chiesa sta nel mezzo. Il campanile punta il cielo, come lo scuro cipresso che ne segue la direzione, quasi fossero dita lanciate verso l’alto, mani giunte che invocano il cielo.
La missione
Come spiega don Fabrizio Vismara, «così anche noi accettiamo l’invito, insieme accattivante e faticoso, che Gesù ci rivolge: “Risplenda la vostra luce davanti agli uomini”. La chiamata posta nella nostra vita, consolidata e purificata in questi anni di Seminario, si apre ora a una missione, quella di testimoniare il Vangelo. Desideriamo portare la sua luce nella città degli uomini, avvolta nell’oscurità del dubbio: l’uomo è assetato di luce, ardente di speranza e in cerca del cielo. Come cipresso gettato verso l’alto o come piccolo lume che cerca di sopravvivere alla notte, l’uomo non aspetta altro che l’alba di un nuovo sole».
«La parola di Gesù disegna la verità a cui egli ci chiama – continua -, far brillare nella Chiesa e per gli uomini la sua luce, che diventa nostra. Infatti, con tutta la nostra umanità, vorremmo manifestare la bellezza del Vangelo che fa dono di sé e si rende disponibile alla comunione e alla condivisione. Mossi da una profonda libertà interiore e sostenuti dalla Grazia, cerchiamo unicamente la Sua gloria, perché ogni uomo sia guidato verso la vita. Anche noi abbiamo vissuto nella paura dell’oscurità e nell’incertezza della notte, ma abbiamo conosciuto la luce capace di rendere autentico il nostro cammino e per questo desideriamo che tutti gli uomini siano illuminati dallo stesso sole, che altro non è se non il Signore Gesù».
Alle soglie dell’ordinazione presbiterale è anche significativo dare uno sguardo al tempo del diaconato che ormai sta già per concludersi. «Questi mesi – dice sempre don Vismara – sono stati segnati dall’ingresso nella vita delle nostre nuove comunità e dalle prime esperienze nel ministero della predicazione; insieme a questo, la costituzione di un tessuto di relazioni buone, l’ascolto di confidenze profonde, la percezione delle attese di una comunità, la manifestazione di segni di stima e di affetto (a cui si affiancano pur sempre situazioni conflittuali, lentezze, incoerenze) sono elementi preziosi che hanno conferito grande intensità spirituale ai nostri “primi passi” nel ministero. Con questo tesoro nel cuore ci avviciniamo sempre più all’ordinazione presbiterale, con il vivo desiderio che possa risplendere la nostra luce davanti agli uomini».