È un pomeriggio caldo, un sabato tranquillo ormai di inizio estate, quando il cardinale Scola arriva, tra i campi e le risaie della Bassa, nel grazioso paese di Vigano Certosino, per dedicare l’altare e la chiesa dei Santi Eugenio e Maria, facente parte della Comunità pastorale Maria Regina della Pace.
Il responsabile, don Piercarlo Fizzotti che lo accoglie, la banda che accompagna il benvenuto, il sindaco Perfetti, che si fa subito incontro all’Arcivescovo, le suore, i chierichetti, tanta gente, riunita anche sul sagrato per seguire la Celebrazione, l’immagine delle rose che adorna il Gonfalone di Gaggiano e che ritorna ricamata sulle Casule dei sacerdoti concelebranti, sono l’immagine della di una civiltà nata dalla fede, che qui affonda le sue radici in tempi antichi.
Infatti, la piccola chiesa, eretta in parrocchia per volere di San Carlo Borromeo nel 1573, deve le sue origini ai frati Certosini, presenti a Vigano dal 1379 su terreni appartenenti alla Certosa di Pavia, di cui questa zona era grangia.
Nella bella architettura, in stile romanico-lombardo completata nel 1499, sotto gli affreschi di Bernardino de Rossi dell’area absidale, don Fizzotti, dice: «Siamo grati al Signore per questo duplice momento di grazia, la dedicazione della nostra chiesa e la gioia dell’incontro con il nostro Pastore. Le sue parole, Eminenza, ci invitano a lavorare insieme e a volerci bene, nonostante i limiti e difetti umani, mettendo in comune i talenti. È nostro vero impegno servire, davanti a questo altare, il Signore e i fratelli».
E di «rito straordinario» parla il Cardinale per quell’atto, unico nella storia di una chiesa, che ne è la dedicazione. «Evento ancora più unico a Vigano, perché la chiesa è antica, pur avendo scoperto che non era mai stata, appunto, dedicata».
Un gesto, tuttavia, riflette il Cardinale da capire bene attraverso lo strumento privilegiato della Parola di Dio «in cui è Gesù stesso che ci parla», come indica il Concilio Vaticano II.
«Ma cosa dice la Scrittura ai cristiani, a chi ha perso la strada di casa e, in ogni caso, a tutti, poiché gli ogni uomo ha bisogno di dare un senso alla vita? Cosa ci dice – scandisce l’Arcivescovo – soprattutto oggi in cui pare essersi perso il valore dei rapporti fondamentali, con Dio, come se stessi e con gli altri, quei rapporti che ci aiutano ad affrontare il dolore, le difficoltà dell’esistenza e a costruire una società giusta?».
Dalle parole del Libro del profeta Neemia, proclamato nella Lettura – «Non vi rattristate perché la gioia del Signore è la vostra forza» –, nasce una prima consegna che il Cardinale lascia alla Comunità riunita. «Questa frase è fondamentale perché dice che Dio non è una realtà astratta, ma è presenza viva che gioisce con noi, con noi porta il dolore e la fatica e questo ci dà forza».
Pur in un territorio segnato da una ricca storia di fede, «come dimostra il fiorire di questo tempio collegato alla Certosa quale espressione di bellezza», non si può, così, pensare che l’arte o il passato siano sufficienti. «Occorrono le pietre vive», sottolinea l’Arcivescovo: «Questa è la casa di Dio, costruita con le pietre elette che siamo noi, pietre cementate dalla carità. Questo è il secondo fattore che illumina il gesto che stiamo compiendo».
Da qui la responsabilità dell’essere chiesa, «cioè convocati insieme per celebrare e annunciare la vita, la Passione, la morte e la gloriosa Risurrezione di Cristo».
Il richiamo, allora, è alla necessità di vivere la comunione «che la Comunità pastorale (nata il 4 novembre 2014) sta lentamente generando tra voi, come risposta al mutare dei tempi ed espressione della bellezza della bontà e della verità dell’incontro personale con Dio».
Esemplare, in questo senso, è la figura di quello Zaccheo, piccolo di statura, pubblicano disprezzato, che si arrampica sull’albero solo per vedere Gesù, così come narra il Vangelo. «L’abbraccio di Gesù a Zaccheo produce quel mutamento che la legge da sola non poteva produrre»
Solo un abbraccio pieno di misericordia e di amore cambia il cuore, suggerisce il Cardinale, delineando il suo terzo e ultimo auspicio.
«Se non portiamo fuori dal tempio la bellezza dell’Eucaristia domenicale e di ciò che stiamo sperimentando, significa che ciò non ci ha davvero toccato. Si deve vivere il rapporto con Gesù nella quotidianità, in modo da comunicarlo con spontaneità, facendo vedere la convenienza di seguire il Signore nella vita di tutti i giorni».
Come a dire, l’inizio è nell’altare, ma la sua prosecuzione naturale è per le strade del mondo.
E se, all’inizio, nei riti di introduzione, la chiesa era stata simbolicamente consegnata, attraverso la chiave, al Cardinale che aveva benedetto l’acqua al fonte battesimale e asperso con questa l’Assemblea, i gesti propri della liturgia di dedicazione con le Litanie dei Santi, la preghiera di dedicazione, l’unzione, l’incensazione, la copertura dell’altare, l’illuminazione della chiesa, sono il significativo e suggestivo suggello di un pomeriggio indimenticabile a Vigano. Per il proprio piccolo paese, ma rivolgendo lo sguardo al mondo, con i suoi tanti dolori, come il martiri dei cristiani, in quelle terre dove il Cardinale annuncia che andrà tra pochi giorni, recandosi personalmente in Libano e in Irak.
Visita pastorale
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