«Questa sera, come successore degli Apostoli, ci indichi la strada della santità quotidiana e straordinaria di Santa Gianna. Da lei vogliamo risentire il Vangelo che ci renda capaci di essere Chiesa nei tempi nuovi e pronti all’accoglienza dei poveri che vengono da vicino e da lontano»: il decano di Magenta don Emanuele Salvioni si rivolge così al cardinale Scola, riunito in assemblea con tantissimi fedeli nella magnifica Basilica di San Martino per dare avvio alla Visita pastorale nel 44° Decanato in cui fa tappa. Una realtà ampia, con 19 parrocchie, due Comunità pastorali e alcune altre parrocchie che formano Unità pastorali, lavorando in aree omogenee. La presenza di Santa Gianna Beretta Molla, del Santuario diocesano della Famiglia di Mesero e delle reliquie dei coniugi Santi Martin a Marcallo rende ancora più particolare e significativo questo territorio di oltre 110 mila abitanti, inserito nella Zona pastorale IV, a sud ovest di Milano.
Le tre tappe dell’Eucarestia
«Grazie a voi che, in una serata feriale, vi siete lasciati convocare dallo Spirito di Gesù che abbiamo pregato nella bellissima preghiera iniziale composta da Paolo VI – dice il Cardinale, cui è accanto il vicario episcopale di Zona, monsignor Giampaolo Citterio -. I cristiani portano nella vita quotidiana, e, quindi anche nell’incontrarsi, lo stile dell’assemblea per eccellenza, che è quella eucaristica. Nell’Eucaristia viviamo tre tappe: ci riconosciamo nelle nostre fragilità e peccati e ne chiediamo perdono, vivendo un atteggiamento di confessione. Questo ci dispone a un ascolto profondo di ciò che lo Spirito ci ha suggerito. Secondo momento è l’ascolto della Parola di Dio, in cui è Gesù stesso che ci parla. Infine, nel terzo momento, avviene qualcosa di straordinario e singolare, di rivoluzionario: mangiamo Gesù e Lui ci incorpora a Sé. Diveniamo così sempre più familiari al Signore, realizzando un ascolto di fecondazione. L’assemblea ecclesiale, che ha questo stile, dovrebbe ripetersi in ogni nostro incontro». Se uno dei doveri dell’Episcopato è proprio la Visita pastorale, «espressione privilegiata del Vescovo che si rende presente con alcuni suoi collaboratori per esercitare la propria responsabilità nel convocare, guidare, incoraggiare, consolare il popolo santo di Dio che gli è stato affidato», lo scopo della Visita è comprendere e superare, attraverso l’educazione al pensiero di Cristo, «il fossato tra fede e vita».
Il dialogo: i giovani e gli esempi di santità
Dopo questa introduzione inizia il dialogo: Stefano di Robecco parla della lontananza delle giovani generazioni, che vivono un’appartenenza «occasionale e frammentata»; Franco da Santo Stefano Ticino chiede «come valorizzare nei cammini familiari la presenza di Santa Gianna, del Santuario della famiglia, delle reliquie dei Martin…».
«Il problema è appunto una partecipazione occasionale e frammentaria», scandisce Scola, che aggiunge: «Infatti, una delle conseguenze del cambiamento di epoca in atto, è che tutti noi siamo costretti, ogni giorno, ad attraversare un labirinto fatto di compartimenti stagni e tra loro separati. Una tale frammentarietà è nello stile di vita di noi contemporanei, soprattutto nel nord occidentale, opulento del pianeta. Ciò vale anche per i giovani, per i quali abbiamo realizzato la Comunità educante al fine di dare unità. La frammentazione e l’occasionalità dell’appartenenza si superano comprendendo che, fin dal concepimento, l’io è in relazione. Chi dice di appartenere solo a se stesso appartiene in realtà ai poteri dominanti». Ma come produrre questa appartenenza stabile? «Il Battesimo la genera, la Comunione la fortifica, la Confermazione la stabilizza. Si tratta, allora, di tornare al momento in cui abbiamo incontrato Gesù attraverso qualche esperienza, attualizzando con consapevolezza il Battesimo. La prima risposta è l’incontro personale con Cristo imparando a dargli del “tu”, vivendolo come una realtà vera che viene al mio incontro in ogni rapporto e circostanza disposta per noi dalla Provvidenza».
Dunque, l’incontro e il permanervi attraverso la vita di comunità, generando l’appartenenza stabile e definitiva alla sequela di Gesù, in cui siamo tutti fratelli con una nuova parentela che allarga quella della carne e del sangue. «Da questo punto di vista, la famiglia (che non è in crisi, semmai lo è la coppia) resta un cardine nel suo essere soggetto di evangelizzazione, ossia dell’annuncio di Crsito. Questa è anche una strada privilegiata per la valorizzazione dei laici, nella quale tanto cammino è ancora da fare». Il rimando è alle 18 modalità attraverso cui essere “soggetto”, indicate dal Cardinale in Educarsi al pensiero di Cristo, nella maggioranza praticabili anche da chi è in situazione di difficoltà familiare. «Incontratevi e fate conoscere la tutta la bellezza della santità di Santa Gianna e dei coniugi Martin. La figura di questi Santi deve condurre anche le famiglie ferite ad assumersi la responsabilità diretta di giudicare i fatti vivendo la mentalità di Cristo».
Emarginazione, immigrazione e testimonianza
Poi Luca: «In un’economia complessa sperimentiamo la presenza di una povertà dignitosa e nascosta. Come diventare più attenti all’emarginazione e alla sofferenza?»; Maria Teresa affronta invece la questione dell’immigrazione.
Chiara, per entrambe le domande, la risposta dell’Arcivescovo: «Il Papa, sulle povertà, ci sta dando una scossa straordinaria. Il problema della nostra Diocesi non sono le iniziative e i servizi che abbondano, ma la poca consapevolezza del “per Chi” facciamo ciò che facciamo. Così la carità scivola nella filantropia, che è cosa buona, ma non sufficiente. Stanare il bisogno, ascoltarlo e tentare di condividerlo con gratuità, a partire dal senso della vita: solo se mi è chiaro per chi lo faccio, posso dare qualcosa».
Per l’accoglienza: «Il compito primario è quello di farsi prossimo, con un’accoglienza che dovrebbe essere nelle vene del cristiano. Altro è il compito di chi, avendo l’autorità istituzionale, deve elaborare una politica equilibrata». Il pensiero è alla possibilità di impegnare gli immigrati in lavori socialmente utili e alle lunghezze della eccessiva burocratizzazione: «Pensiamo al grande ruolo della società civile e a ciò che sta avvenendo nelle scuole e negli oratori, che è la messa in atto della convivenza, del meticciamento di civiltà da cui nascerà il nuovo volto del cittadino europeo. Dobbiamo affrontare questo problema traendo frutto dalle esperienze di Paesi in cui il fenomeno migratorio è iniziato già settant’anni fa. Con equilibrio e giustizia, anche noi abbiamo l’energia e la forza per affrontarlo».
Infine Paolo: «Come la testimonianza cristiana può raggiungere gli altri?». «La missione non è progetto, è comunicazione spontanea e libera, piena di gratitudine di quanto noi abbiamo gratuitamente incontrato – conclude il Cardinale -. Dobbiamo fare uno sforzo perché la parrocchia, il Decanato, le Zone, la Diocesi si dilatino verso tutte le forme di aggregazione ecclesiale e civile che esistono, come i Movimenti. Questo è l’invito che rivolgo a ciascuno di voi: comunicare ciò che di bello mi è capitato. La missione è semplice».