Dopo alcuni anni di sperimentazione la Diocesi dà alcuni indicazioni precise rispetto al primo annuncio. Le novità toccano in particolare i ragazzi di seconda elementare come quelli che si preparano alla Cresima. «Il cambiamento più importante, in verità, riguarda tutti e consiste nell’assumere l’ottica dell’iniziazione cristiana – chiarisce monsignor Pierantonio Tremolada, Vicario episcopale per l’Evangelizzazione e i sacramenti -. I nostri ragazzi, insieme con i loro genitori (vale a dire i primi educatori), vanno aiutati dalla comunità cristiana a compiere un vero e proprio cammino di introduzione alla vita di fede, sin dal momento del Battesimo. Già durante i primi sei anni di vita del bambino sarà importante da parte della comunità cristiana mantenere un contatto con i genitori, nei modi più opportuni e nel quadro della condivisione della fede. Il settimo anno, poi, cioè l’anno di “seconda elementare” assume un valore particolare: è l’anno dell’accoglienza e del primo annuncio. Si avvia o si rilancia la fase più intensa di iniziazione cristiana, che prevede un percorso di fede ben strutturato, ma sempre in armonia con la vita, entro il quale avranno un ruolo fondamentale i sacramenti».
Un ruolo determinante lo assumerà anche la comunità educante. Con quale compito?
È questo un punto che merita grande attenzione. In verità è l’intera comunità cristiana che educa i suoi ragazzi, ed è bello che sia così. Ma questo compito educativo che è di tutti viene in concreto affidato a una comunità più ristretta, costituita da quanti, per libera e generosa scelta, si affiancano ai ragazzi giorno per giorno e li accompagnano in un’esperienza complessiva della vita cristiana. È fatta di preghiera, insegnamento, celebrazione liturgica, aiuto ai più deboli, incontri educativi, attività sportiva e culturale, sano divertimento. Tutte le persone che concorrono a far vivere ai ragazzi questa preziosa esperienza di vita costituiscono la comunità educante. Sarà importante per loro concepirsi come un unico soggetto, persone che operano insieme, in stretto e costante rapporto con i genitori che sono e restano i primi educatori dei ragazzi. La comunità educante cresce nel tempo. Non ci si scoraggi se, lì dove si opera, non sembra così forte e numerosa. Si parta da ciò che c’è: persone generose – penso in particolare ai catechisti e alle catechiste – non mancano mai. A loro via via si potranno affiancare (e magari già succede) alcuni genitori, insegnanti, allenatori sportivi, educatori degli oratori. Ogni situazione è ricca delle potenzialità dello Spirito e troverà il modo di esprimersi al meglio.
Sono stati ridefiniti anche i tempi in cui celebrare i vari sacramenti, con quale attenzione o logica?
La celebrazione dei sacramenti si colloca nel cammino di iniziazione cristiana, che è più della preparazione ai sacramenti. D’altra parte, i sacramenti rappresentano un dono di grazia unico, che segna profondamente il cammino. I tempi dei sacramenti sono quelli che conosciamo. Si è ritenuto opportuno confermare la prassi di questi ultimi decenni, nella convinzione che essa risponda alle esigenze anche di questo momento. Le ragioni sono di carattere pedagogico-pastorale e fanno leva sulla sensibilità che i ragazzi possiedono negli anni della loro fanciullezza. Celebrare i sacramenti nell’arco di questa stagione della vita significa consegnare loro un’esperienza di fede che ne plasma la personalità e imprime un segno profondo, che rimane per sempre. Per la preadolescenza occorrerà invece pensare a una proposta diversa, adeguata ai cambiamenti che i ragazzi vivono.
La celebrazione della Cresima deve diventare sempre più festa ecclesiale e meno familiare…
Si tratta di un’indicazione importante e per certi aspetti innovativa. La Cresima, come sacramento che conferma il dono dello Spirito santo e dell’appartenenza alla Chiesa, domanda una sottolineatura maggiore della dimensione ecclesiale. La famiglia – direi – non perde il suo ruolo in questa festa; piuttosto viene ridimensionato il contesto della parentela, che viene invece molto valorizzato nella festa dell’Eucaristia di prima Comunione.
C’è anche l’invito da parte della Diocesi di mettersi insieme tra parrocchie o di celebrare il sacramento in cattedrale o altre chiese significative. Perché?
Queste indicazioni rispondono alla stessa logica, cioè alla sottolineatura della dimensione ecclesiale. La parrocchia ha indubbiamente il suo valore, ma celebrare la Cresima insieme ai ragazzi di altre parrocchie in una chiesa che non è la propria, permette ai ragazzi e ai loro genitori di comprendere meglio che la Chiesa ha dimensioni più ampie della propria parrocchia: la Chiesa è anche Comunità pastorale, decanato, Diocesi. La Chiesa è di sua natura “cattolica” cioè universale. Nel passaggio alla preadolescenza non è secondario cogliere con più chiarezza questa verità, soprattutto in un tempo come il nostro segnato dal fenomeno della cosiddetta “globalizzazione”.