Al cuore della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani sta sempre un momento di riflessione a più voci che mira a cogliere il nucleo centrale del messaggio della Settimana stessa. Il tema di quest’anno – “Tutti saremo trasformati dalla vittoria di Gesù Cristo, nostro Signore (cfr. 1Cor 15,51-58” – ha portato ad approfondire il senso della speranza che scaturisce proprio dalla resurrezione, la vittoria di Cristo sulla morte, in una tavola rotonda svoltasi sabato scorso all’Auditorium dell’Angelicum. Un approfondimento da parte cattolica (col vescovo Franco Giulio Brambilla), evangelica (col pastore Paolo Ricca) e ortodossa (col padre Traian Valdman, arciprete della Chiesa romena) ben coordinato e che ha permesso all’attento pubblico convenuto di vedere un cammino proficuo dell’ecumenismo.
«Il tema di quest’anno è impressionante – ha detto Martin Ibarra, pastore della Chiesa battista e presidente del Consiglio delle Chiese cristiane di Milano, che ha moderato la tavola rotonda – perché si parte dalla resurrezione, sorgente della fede. La riflessione sulla resurrezione è spesso confinata alla Pasqua o alla cerimonia dei defunti. Ma la Pasqua di Cristo è sorgente della nostra fede e non può essere appiattita». Anche «la teologia ortodossa – ha spiegato padre Valdman – ha tentato di rispondere al metodo della comprensione dell’avvenimento della resurrezione: un avvenimento storico, che però le testimonianze storiche non ci dicono come sia avvenuto. Il corpo risorto è il pegno datoci dal Padre grazie al quale anche noi risorgeremo ed è una sorgente di fede che ci consente di vivere verso la resurrezione. Dopo l’ascensione Cristo si trova col corpo risorto alla destra del Padre: è Dio senza cessare di essere uomo, ed è uomo senza cessare di essere Dio. Nell’incarnazione la natura umana entra in piena comunione con la natura divina; nel Cristo risorto l’uomo impara ad allineare la propria volontà alla volontà divina; nella resurrezione copriamo il significato di tutta la creazione».
La fede nella resurrezione ci trasforma, ci rende beneficiari della benedizione di Cristo che trasforma la storia: da questa speranza non dobbiamo allontanarci. E come ci trasforma per costruire unità tra i cristiani? «Siamo tutti trasformati dalla vittoria di Cristo sulla morte, ma noi non possiamo vincere la morte: questa è esclusiva di Cristo. Così noi non siamo mai abbastanza trasformati per essere in grado di realizzare l’unità: ci sarà l’unità, però alla fine dei tempi», ha sottolineato il pastore Ricca. A noi tocca l’impegno, ma la conclusione dell’opera non sarà nostra. Già è importante capire cosa significhi “essere trasformati dalla vittoria di Cristo”: «Per l’unità della Chiesa non basta cambiare, bisogna resuscitare – ha proseguito Ricca -. Bisogna puntare su qualcosa che assomigli a una resurrezione».
Speranza dalla resurrezione vuol dire speranza di resurrezione: dobbiamo sperare di risuscitare, ipotizzare la nostra resurrezione; quindi puntare al nuovo, non solo alla conservazione dell’antico, osare cammini di unità alla luce della speranza in Cristo. Monsignor Brambilla ha raccolto tutte le suggestioni e le ha calate sul piano catechetico, spiegando l’esperienza dei discepoli di Emmaus che camminano col Risorto, ma non lo riconoscono fino a che lui stesso non apre loro gli occhi e il cuore. «Una trasformazione profonda che dobbiamo fare nel nostro cammino ecumenico: non è solo escatologico, si può anticipare qui ritornando alla sorgente. Questa è la nostra speranza: solo esseri interamente liberi dalle pastoie dell’interesse possono essere in grado di riconoscere la divina leggerezza della speranza». Ed è l’incoraggiamento per lasciarsi trasformare nell’unità.