Il Papa ha scelto la Giordania, terra che accoglie sul suo piccolo territorio 1 milione e mezzo di rifugiati siriani per lanciare il suo «accorato appello di pace in Siria». «Cessino le violenze – grida il Papa -. Si abbandoni da parte di tutti la pretesa di lasciare alle armi la soluzione dei problemi e si ritorni alla via del negoziato». E lasciando il discorso ufficiale e andando a braccio, è andato oltre. Ha parlato della «cupidigia del denaro», delle «fabbriche che vendono le armi». E ha chiesto: «Chi c’è dietro, chi dà le armi per continuare il conflitto?». Poi ha aggiunto: «Pensiamo nel nostro cuore anche a questa povera gente criminale perché si converta».
La Siria è ormai allo stremo
La guerra continua maledetta e sporca disseminando morte e distruzione. L’incontro con i rifugiati siriani e iracheni è stato fortemente voluto da Papa Francesco. Si è svolto a Betania oltre il Giordano, il fiume dove Gesù ha ricevuto il battesimo. «Per tanti questo fiume è una frontiera – dice il Patriarca latino di Gerusalemme, Fouad Twal -, per il Patriarcato Latino, che comprende Cipro, Israele, Palestina e Giordania, sarebbe piuttosto un ponte che unisce, un richiamo alla comunione e all’unità». Sono almeno un migliaio le persone che hanno riempito la chiesa latina. Tra loro ci sono 600 siriani e iracheni rifugiati, di cui 40 cristiani e musulmani portati dalla Caritas Giordania.
Dal giugno 2011, la Caritas è fortemente impegnata a rispondere al massiccio afflusso di profughi a seguito della crisi siriana. I numeri sono da capogiro: ad aprile di quest’anno sono state 360.660 le persone accolte, di cui 72.505 sono nuclei familiari e l’80% sono donne. Prende il microfono una donna irachena che racconta al Papa il dramma di aver lasciato tutto dietro alle spalle. «Abbiamo bisogno di credere nel futuro – dice -, di poter crescere i nostri figli in un mondo senza paura e senza pregiudizi». Il Papa ascolta, poi si lancia nella folla che lo abbraccia. Prima, accompagnato su un caddie dal re e dalla regina di Giordania, si era fermato in preghiera sulle rive del Giordano: si era chinato sulle sue sponde e si era portato l’acqua sul viso. Ha lasciato un messaggio autografo sul libro delle presenze: «Chiedo a Dio Onnipotente e Misericordioso che ci insegni a camminare nella sua presenza con l’anima e il cuore aperto alla Misericordia divina e all’amore ai fratelli. Così Dio sarà tutto in tutti e regnerà la pace».
Giordania, prima tappa
È stato accolto con tutti gli onori dal re Abdullah II di Giordania, dalla regina Rania e dai loro quattro figli. Il Papa ha voluto esprimere tutta la sua stima per il re definito «uomo di pace» e tutta la sua riconoscenza per questo piccolo Paese incastonato in un Medio Oriente infuocato per la sua generosa accoglienza ai rifugiati palestinesi, iracheni e siriani. «Tale accoglienza – ha detto – merita la stima e il sostegno della comunità internazionale». La festa di Amman si è svolta allo stadio dove 30mila persone hanno seguito la Messa e dove il Papa si è intrattenuto a lungo, salutando i fedeli dalla macchina senza protezione. 1.400 bambini hanno ricevuto la Prima Comunione. Lo stadio si trova non lontano dal luogo in cui lo Spirito Santo discese su Gesù, dopo che Giovanni lo ebbe battezzato nel fiume Giordano. Il Papa torna anche qui sul tema della pace: «Quanto bisogno ha il mondo di persone che siano testimoni di pace. È una necessità che anche il nostro mondo ci chiede: portare la pace, testimoniare la pace».
La storia di una donna
È il volto di Humaira Al-Ali, una mamma siriana di 36 anni, a confermare le parole pronunciate dal Papa. La sua storia personale è un dolore condiviso da migliaia di altre donne che come lei hanno dovuto lasciare la propria terra, hanno visto morire figli e mariti. Sole con una domanda appesa a un filo: se una vita normale sia ancora possibile. Il volto triste e gli occhi spenti di Humaira aprono su un abisso di oscurità. Dopo la morte di suo marito ucciso in un conflitto armato, è scappata dalla città siriana di Hamaa’ con i suoi 6 bambini. Arrivata al campo profughi di Zaatari in Giordania, si accorge che le condizioni di vita sono impossibili e riparte alla volta di Zarqa. È qui che si consuma la tragedia: «Era buio e i bambini avevano paura. Così ho acceso una candela per fare un po’ di luce». Ma sfortunatamente nel cuore di quella notte, la tenda, dove dormono, prende fuoco e 5 dei suoi figli muoiono: avevano dagli 11 ai 2 anni. Si salva solo Mouhammad di 10 anni. Questa è la Siria. Questo è il volto vero della guerra.