«Sono cresciuto molto in questa esperienza e la “riconsegno” al vescovo, spero come segno positivo della Chiesa di Milano in questa città». Don Virginio Colmegna esprime la gioia di accogliere il cardinale Scola, che venerdi 29 giugno alle 18 visiterà la Casa della Carità e celebrerà la Messa. Una realtà, quella presiduta dal prete ambrosiano, che in otto anni si è consolidata nell’attenzione e nell’accoglienza degli ultimi della città (ogni anno più di 350 persone ospitate, 3500 accessi alle docce e al guardaroba, 1.645 colloqui effettuati), ma anche nell’elaborazione di una cultura di prossimità e di solidarietà.
Quale Casa della carità incontrerà Scola?
Una casa arricchita dall’esperienza di questi anni, con tante accoglienze e con molta vivacità culturale. Il Cardinale incontrerà tutti i luoghi dove operiamo, saranno presenti operatori, volontari, ospiti, perché è una casa che si rivolge al quartiere, alla città, accoglie le sue difficoltà e i suoi drammi. Ci sono bambini, donne, uomini, italiani, stranieri, coppie sfrattate. Stiamo accogliendo famiglie e minori cosiddetti non accompagnati che però hanno una voce e una storia. Certo non mancano momenti di difficoltà, anche di tensione. Nei giorni delle docce vengono tantissime persone da fuori a chiedere vestiti, a lavarsi e con i quali facciamo uno screening sanitario. C’è poi la sofferenza mentale e molti che arrivano sono segnati dalla sofferenza fisica. Ci sono drammi vissuti e condivisi con fatica; una biblioteca di confine con i suoi libri; i rom che vanno al Conservatorio. Dunque, tutta questa ricchezza, ma sotto c’è una profonda spiritualità.
Il Cardinale celebrerà la Messa in un giorno speciale per lei…
Infatti, questo mi ha quasi commosso: viene e celebra l’Eucaristia dopo l’incontro con tutti nell’anniversario della mia prima Messa. Quindi c’è un valore estremamente importante anche per me: l’Eucaristia domenicale è diventato il punto di riferimento per la Casa, per me è un luogo dove vivo il mio essere prete.
Ci sono anche novità al vertice della Casa…
Infatti, stiamo vivendo un momento particolare: don Massimo Mapelli è stato destinato a un impegno diocesano Caritas e quindi perdiamo una presenza che per me è stata estremamente importante. Però abbiamo una direttrice che sta prendendo in mano la Casa: Silva Landra, molto conosciuta nell’ambito ecclesiale. Questo perché vogliamo che la Casa diventi un’esperienza profondamente innestata nel tessuto diocesano, in dialogo con la città, capace di annunciare la bellezza del Vangelo a credenti e non credenti, a uomini in ricerca e in difficoltà. Abbiamo tantissime persone che vengono a pregare.
Rispondete ai nuovi bisogni della città?
Certo. Abbiamo vissuto lo straordinario evento della presenza del Papa a Milano, però avverto il disfacimento, la sofferenza, la rottura relazionale in molte famiglie. Per questo lancio la proposta di un gemellaggio: noi accogliamo famiglie, avremmo però bisogno che altre famiglie ci sostengano, perché non nascondo che il vero problema quest’anno è il nostro bilancio in rosso. Molti spesso vengono indicati dalle parrocchie. In fondo il cardinale Martini voleva che la Casa della carità fosse quella dove si accolgono anche quelle presenze che bussano alla porta delle parrocchie, ma che richiedono competenze specifiche. Pensiamo di aver fatto un lavoro che ci ha reso affaticati, ma anche sereni. È significativo che il cardinale Scola si trattenga con noi in un incontro caldo (suoneranno anche alcuni ragazzi rom), ma soprattutto con un carattere familiare, con una dimensione di appartenenza a una comunità cristiana come quella di Milano, che è vivace, che dialoga con le istituzioni, che qualche volta non sta zitta e dice le cose che non vanno».
Anche con un profilo culturale molto forte…
Esatto. È un luogo di elaborazione culturale: il gioiello è il centro studi “Souq” sulla sofferenza urbana, aperto a tutto il mondo con una rivista on line. È un po’ come “Oasis”, che ricerca a tutti i livelli un dialogo teologico e spirituale.