Link: https://www.chiesadimilano.it/news/chiesa-diocesi/la-famiglia-il-lavoro-e-la-festa-scola-e-bonomi-in-dialogo-92203.html
Sirio 09 - 15 dicembre 2024
Share

Cesano Maderno

La famiglia, il lavoro e la festa:
Scola e Bonomi in dialogo

Venerdì sera il confronto dell’Arcivescovo e del sociologo sui temi dell’Incontro mondiale delle famiglie, passando dalla cassaintegrazione al “meticciamento”

di Veronica TODARO

17 Marzo 2012

Non ha mancato di sorprendere, sia per il numero di persone presenti, quasi 700 in sala oltre alle 200 accomodate in uno spazio vicino, sia per l’intensità e la profondità del tema trattato. Un incontro singolare quello tra l’arcivescovo Angelo Scola e il sociologo Aldo Bonomi, moderati da don Flavio Riva, che ieri sera, venerdì 16 marzo, si sono dati appuntamento all’Excelsior cinema&teatro di Cesano Maderno per discutere sui temi della famiglia, del lavoro e della festa.
Promossa dal Circolo culturale Don Bosco, nell’ambito di diverse iniziative volute e coordinate dalla Comunità Pentecoste, la serata aveva l’obiettivo di proporre un cammino di riflessione e preparazione verso l’Incontro mondiale delle famiglie.
E così è stato. L’incontro si è aperto con la proiezione di un cortometraggio dell’Ufficio comunicazioni sociali diocesano dal titolo “La lotta di Leo”. E’ il racconto di Leonardo Beltrame, uno dei lavoratori della Lares, azienda di Paderno Dugnano, un tempo leader nella fabbricazione di circuiti stampati ma fallita a causa della cattiva gestione imprenditoriale. Cinquantuno anni, sposato con Michela, anch’essa dipendente Lares, tre figli e il mutuo sulle spalle.
Più di mille giorni di presidio davanti ai cancelli della ditta per affermare la dignità dei lavoratori e l’esperienza della cassaintegrazione che Leo definisce “positiva” perché “porta a valorizzare le cose anche se imbruttisce, fa riscoprire il senso della famiglia”. Proprio dal rapporto di coppia è partito l’intervento dell’arcivescovo Scola.
«Tanti anni fa – ha raccontato l’Arcivescovo – dovetti approfondire il pensiero di Giovanni Paolo II, la teologia del corpo e il rapporto uomo-donna. Stavo leggendo “Persona e atto”, quando dopo una cinquantina di pagine mi sono imbattuto in una frase: “Eppure, dice Wojtyla, e sottolineo l’avversativa, esiste qualcosa che può essere chiamato esperienza comune ad ogni uomo”. Una frase attuale – ha continuato Scola – che parla della frammentazione che attraversa l’Io”. Poi l’arcivescovo si è soffermato sui tre punti cardine della serata, la famiglia, il lavoro e la festa. “Le famiglie cristiane devono documentare la convenienza e la bellezza del vivere l’unità. La famiglia è la società primaria che tiene uniti e permette un armonico sviluppo sessuale e generazionale».
E ancora: «La famiglia nasce con naturalezza per dare una rilevanza sociale alla differenza dei sessi in quanto generatrice di vita. Con la famiglia si collega la genealogia di ogni persona. La famiglia è la scuola elementare dell’amore fatto di gratuità e di giustizia».
Parlando di lavoro, invece, il cardinale si è soffermato su un pezzo tratto da “Il denaro” di Charles Péguy: “Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario, o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta di per sé, in sé, nella sua stessa natura”.
«Il lavoro – ha sottolineato Scola – è il compimento della persona, è l’ambito in cui l’uomo si esprime, dove mettere a frutto i talenti che Dio gli ha dato».
Infine la festa. «E’ un fattore di equilibrio tra il lavoro e gli affetti. In casa siamo spudoratamente noi stessi e questo rigenera l’Io e ci permette di riprendere il cammino della vita dopo il sonno. Il riposo ha bisogno di socialità e ci ha dà il senso della comunione stabile».
Dal canto suo Bonomi si è soffermato sulla “voglia di famiglia” e sulla “voglia di comunità”, due essenze che vanno costruite, snocciolando i numeri di coloro che sono in difficoltà a causa del lavoro da cui emerge che tre milioni di giovani sono precari e che il 50 per cento di chi ha chiesto aiuto sono migranti. «Viviamo in una società meticcia», ha spiegato Bonomi parlando di comunità e soffermandosi sul meticciamento, il fenomeno di mescolamento di popoli e perciò di culture e di civiltà. «Il meticciamento è l’incontro di due debolezze». E per spiegare meglio il concetto ha fatto sue le parole di Davide Van De Sfroos: “Non mi piace il frullato, ma amo la macedonia”.