«In occasione dell’Anno della Misericordia indetto dal Santo Padre, qualcuno suggerisce di chiedere, come avevamo fatto e ottenuto per il Giubileo del 2000, una cancellazione dei debiti. Ci stiamo riflettendo. Allora la cancellazione del debito non era stata fine a se stessa, ma i governi avevano avuto la possibilità di accedere ai fondi di quei debiti per lo sviluppo di altri progetti. Ora stiamo studiando questa o anche altre possibilità. Pensiamo ad esempio a investimenti sull’impatto sociale, o all’accesso a capitali per comunità povere». Lo ha annunciato il cardinale Peter Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, intervenendo ad Expo al convegno “Nutrire il pianeta si può. Oltre i paradossi del cibo”, promosso da Caritas Italiana insieme all’Arcidiocesi di Milano, ad Aggiornamenti Sociali e al PIME.
A proposito dei migranti – parlando a margine del convegno Turkson ha detto: «Perché l’Europa si riunisce per trovare una soluzione, mentre dall’Africa non sentiamo nessuna voce? Le soluzioni a questo problema sono due: mentre si cerca di asciugare l’acqua, si deve anche cercare di chiudere il rubinetto. Voglio dire che non basta l’accoglienza in Europa, dobbiamo cambiare politica portando un po’ di sviluppo in Africa, rafforzando i centri di produzione per dare lavoro alla gente. E poi bisogna dire ai giovani che non tutte le meraviglie sono in Europa; l’Africa ha delle enormi ricchezze che non sono sfruttate. Ad esempio in Ghana, da dove vengo, i giovani scappano, mentre arrivano i cinesi a cercare l’oro».
Il Cardinale ha iniziato il suo intervento facendo riferimento proprio al luogo che ha ospitato il convegno: L’Expo. «Come è possibile che, in un mondo capace di ottenere tanti risultati, ancora esistano i poveri e gli affamati? Come è possibile che non abbiamo ancora eliminato la povertà, la fame e la malnutrizione? Ci siamo impegnati a sufficienza in questa lotta? Se non si mettono in moto queste domande, Expo, e noi al suo interno, diventiamo complici dell’ingiustizia planetaria», ha sottolineato.
«Expo è una parabola che mostra le cose come potrebbero essere, in questo senso è un’utopia, un luogo artificiale, immaginato e progettato per permettere al mondo intero di dare una rappresentazione di sé attraverso l’alfabeto del cibo e per essere da stimolo. Dentro Expo possiamo ammirare la stupefacente abbondanza e la varietà di prodotti, possiamo incontrare e persino gustare la diversità e la ricchezza delle culture, renderci conto della potenza dell’intelligenza umana, della sua capacità di comprendere le leggi della natura. Al tempo stesso in Expo non tutti i padiglioni sono uguali, e non solo per le scelte compiute da ciascun Paese. Quelle che dentro Expo ci appaiono come differenze nel mondo reale sono disuguaglianze e iniquità» ha sottolineato il cardinale, ammonendo il mondo che si è dato appuntamento ad Expo a «guardare negli occhi i volti dei milioni di bambini, donne, uomini che patiscono la fame».
«Siamo obbligati a riconoscere che il nostro mondo, mentre si dichiara impegnato nella lotta alla fame e alla povertà nei fatti è in guerra contro i poveri e gli affamati» – ha detto Turkson
Nel suo intervento il Cardinale ha toccato anche temi specifici. Sul rapporto tra produzione agricola e finanza ha detto che «gli strumenti finanziari che oggi chiamiamo “derivati” sono stati inventati come mezzo per controllare l’incertezza legata alle oscillazioni dei prezzi, riducendo la precarietà dei produttori di generi alimentari. Ma quando la speculazione finanziaria se ne impossessa, il risultato è un aumento della volatilità dei prezzi e dunque un peggioramento delle condizioni dei produttori, specialmente i più piccoli».
Richiamandosi alle posizioni espresse dal Papa nell’enciclica “Laudato si’” Turkson a proposito di OGM ha ricordato che «in alcune regioni il loro utilizzo ha prodotto una crescita economica che ha contribuito a risolvere alcuni problemi, ma la loro introduzione genera una concentrazione della proprietà terriera, con l’espulsione dei piccoli produttori».
Secondo il presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace all’origine del percorso di sviluppo economico che l’umanità ha seguito negli ultimi due secoli ci sono due illusioni: «che sia possibile una crescita economica senza limiti, e che sia possibile trovare a ogni problema una soluzione puramente tecnica, senza interrogarci sul senso di ciò che facciamo e sulla necessità di modificare i criteri in base a cui agiamo». Il secondo errore è «l’eccesiva enfasi posta sui risultati a breve o a brevissimo termine» che «segna l’economia e la finanza tese unicamente alla ricerca del massimo profitto immediato, sia la politica, focalizzata sulla ricerca del consenso molto più che sul bene comune».
«L’unica soluzione possibile è dunque uscire da un modello di sviluppo prigioniero dell’intreccio tra tecnocrazia e immediatismo, optando per “uno sviluppo reale” cioè capace di assumere la realtà nella sua interezza secondo il paradigma dell’ecologia integrale che papa Francesco ci ha proposto nella Laudato si’», ha osservato Turkson.
Nel corso della tavola rotonda che è seguita all’intervento di Turkson, José Magalhaes De Sousa di Caritas Brasile ha illustrato i risultati del progetto “Fame Zero”, uno dei piani per la lotta alla povertà più avanzati e presi ad esempio in tutto il mondo. «Il Brasile occupa ancora il 79° posto nella classifica dello sviluppo umano globale, c’è ancora un’enorme disuguaglianza tra ricchi e poveri, ma più di 22 milioni di persone sono uscite dalla povertà assoluta, in otto anni il salario minimo è aumentato di circa il 130%, grazie all’introduzione del reddito minimo, al sostegno dell’agricoltura familiare e alla partecipazione dal basso dei cittadini al processo decisionale di cui anche la chiesa di base e la Caritas sono stati tra i protagonisti», ha detto.
L’economista Riccardo Moro, tra i promotori della campagna “Sulla fame non si specula”, ha spiegato i rischi degli eccessi della finanza applicati ai prodotti agricoli: «La dinamica del prezzo finanziario va in alto o in basso e non segue più l’andamento del mercato reale. Il prezzo dei futures è fatto dalle borse. Quando questo succede con il cibo i risultati possono essere disastrosi come hanno dimostrato le crisi recenti Che fare? Possiamo essere cittadini responsabili anche nel mercato finanziario e scegliere con chi operare. Agli enti locali, ad esempio, chiediamo di non investire più in derivati».
Degli aiuti umanitari in situazioni di emergenza ha parlato Susanna Tkalec di Caritas Internationalis: «I kit di prima necessità che ricevono ora i profughi in Europa contengono sempre gli stessi prodotti: tonno e sardine; dopo un po’ la gente non ne può più. In Serbia, ad esempio, 25 per cento degli aiuti che viene dato ai profughi in transito viene buttato via. Nei programmi di assistenza nelle crisi sarebbe meglio prevedere di distribuire voucher o contanti. In questo modo oltre a rivitalizzare l’economia si rispetta la dignità delle persone».