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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Lecco

«Il rapporto con Gesù
è più potente di ogni divisione»

Le parole del cardinale Scola nella chiesa di San giuseppe al Caleotto: «È triste vedere quanta confusione circola sui fondamentali della vita nelle nostre comunità: sull’amore, l’adeguato senso della giustizia, il valore di condividere il bisogno dei più poveri, la necessità di costruire una società giusta, legale, realistica»

di Davide MILANI

19 Marzo 2012

Ieri a Lecco, nella chiesa di San Giuseppe al Caleotto (Comunità pastorale Madonna della Rovinata), l’Arcivescovo di Milano, il cardinale Angelo Scola, ha presieduto la celebrazione eucaristica e il Rito della dedicazione della chiesa e dell’altare, sessant’anni dopo la sua costruzione. Con l’appuntamento di Lecco è proseguita così la serie di visite pastorali dell’Arcivescovo nelle parrocchie della Diocesi di Milano per la celebrazione dell’Eucarestia e l’incontro diretto con le comunità, i fedeli i sacerdoti e i religiosi.

All’inizio della sua omelia il cardinale Scola si è detto «molto lieto di poter compiere con voi oggi questo gesto di dedicazione di questa bella chiesa. Lo sono doppiamente: come successore di Ambrogio, di cui porremo le reliquie nell’altare e perché sono lecchese e molto volentieri torno a casa, in questa chiesa che ho frequentato da giovane».

Dopo aver apprezzato la bellezza della chiesa di San Giuseppe, progettata dall’architetto Carlo Wilhelm, definita dal porporato «una delle chiese meglio riuscite del dopoguerra», Scola ha spiegato che «la chiesa in senso proprio non è l’edificio: la chiesa in senso proprio è la convocazione, il convenire di tutti i fedeli battezzati e di tutti i catecumeni, convocati da Gesù per vivere la più grande opera della storia, il sacrificio liberatorio salvatore di Gesù nostro Signore, presente nel Sacramento in mezzo a noi».

È in Gesù Cristo che la comunità cristiana è unita: «Il rapporto con Gesù è più potente di ogni conflitto, ogni divisione, ogni opinione politica, culturale, pastorale. Nel cuore di tutti c’è questa disposizione alla comunione, questa stima previa verso ogni fratello. Chiunque ci è messo vicino, fosse anche il nostro nemico, ci è dato da Dio per il nostro bene».

Per l’Arcivescovo di Milano il modo solido e pacifico per stare dentro la realtà per quanto riguarda gli affetti e il lavoro proviene da un rapporto serio con Dio e con se stessi, relazioni che in maniera alta e simbolica sono vissute la domenica: «Il riposo della festa, della domenica, e quello di tutte le sere, di tutti i giorni, lo viviamo non personalisticamente, individualisticamente, ma socialmente, comunitariamente, perché il riposto ci consente di dar ritmo equilibrato agli affetti e al lavoro, ci fa ritrovare noi stessi.

Noi siamo molto decisi nel dire che prima di sacrificare il riposo domenicale nella sua valenza di recupero della presenza esplicita di Dio attraverso l’Eucarestia e poi nella sua valenza di dimensione familiare e comunitaria, occorre riflettere bene: a noi sembra un errore. Non è possibile che il papà riposi il martedì, la mamma il venerdì, il figlio la domenica… Si perde il valore del riposo. Noi proponiamo, in questa società plurale, una concezione della domenica come visione della realtà che scaturisce dall’esperienza di tanti secoli, non dal caso.

Tutto sta cambiano rapidamente, ma non siamo contro i cambiamenti. Essendo uomini che sanno amare e sanno lavorare, essendo uomini testardamente aderenti alla realtà, prima di introdurre un cambiamento che può frammentare la nostra persona e la nostra società vogliamo pensarci molto. A noi non sembra opportuno questo cambiamento per aprire in modo indiscriminato e totale tutti i negozi la domenica, perché sacrifica un valore che è molto elevato. Troviamo altre forme, troviamo altri modi, altre forme, e tutti i cittadini partecipino a questa decisione».

Parlando della bellezza di vita piena che è il cristianesimo, il cardinale Scola ha mostrato l’obiezione che offusca questa realtà: «È la dimenticanza, l’oblio della presenza di Gesù» che porta «Dio aldifuori della nostra visuale» fino a vivere praticamente «come se non fosse il cuore della nostra giornata. E allora diventiamo confusi. È triste e doloroso constatare, certe volte, la confusione anche di noi cristiani, che pure siamo accuratamente orientati e illuminati al pensiero di Cristo attraverso l’approfondimento comune della Parola di Dio, attraverso la catechesi cui impariamo a giudicare la realtà, soprattutto attraverso la comunione che ci lega e rende più facile comprendere la visione cristiana della vita. È triste vedere quanta confusione circola sui fondamentali della vita circola nelle nostre comunità: circa sul senso dell’amore, del bell’amore, circa l’adeguato senso della giustizia, circa il valore profondo di condividere il bisogno di tutti a partire dai bisogni estremi e radicali dei più  poveri e dei più miseri, circa l’impegno e la necessità di costruire una società giusta, legale, realistica». 

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