Il Consiglio pastorale diocesano – nella VII sessione in programma a Villa Sacro Cuore di Triuggio sabato 24 e domenica 25 marzo – è chiamato a riflettere sul rapporto tra carità e cultura.
Questi due termini, carità e cultura, investono l’umano nella sua interezza: come senso dell’agire umano nel tempo (la cultura) e come senso del disegno divino di salvezza (la carità). Forse la parola che meglio raccoglie il valore di questo binomio carità-cultura è quella di Paolo: «Tutto è vostro, voi siete di Cristo, Cristo poi è di Dio». Cordiale apertura all’intero dell’umano («tutto è vostro») e obbedienza incondizionata a Cristo («voi siete di Cristo»). Così intesi i due termini sono analoghi ad altre coppie: fede-cultura e culto-cultura.
Il binomio carità-cultura ha il pregio di non limitare l’esperienza della carità ai gesti, preziosi, della prossimità solidale ma di far posto a pieno titolo a quella carità che nutre la persona nella sua interezza, nei suoi bisogni e nella sua ricerca di verità e di senso. Carità e cultura davvero si appartengono, anche se i modi di questa relazione possono essere diversi.
La traccia di lavoro per i Consiglieri ne suggerisce tre: la carità dispiega nel tempo e nella storia la sua capacità di generare cultura; la carità spinge ad assumere cordialmente l’umano, cioè la cultura; la carità intesa nella sua ampiezza teologica entra in conflitto con una cultura o per i suoi contenuti o per la sua pretesa onnicomprensiva.
Ci sono aspetti della cultura contemporanea sui quali la carità che è Dio stesso impone una parola di parresìa, di franchezza, anche una parola di opposizione, di obiezione. La crisi che viviamo non è solo economica e finanziaria, ha radici profonde nella cultura dell’occidente con un generale ripiegamento e una riduzione degli orizzonti del discorso pubblico e della riflessione collettiva. Per ognuna delle tre modalità sopra accennate si possono trovare molti esempi nella storia e nell’oggi della Chiesa. Su questi modi saranno chiamati a riflettere i consiglieri.